Rapporti di lavoro

I dipendenti in smart working valgono ai fini delle assunzioni obbligatorie

di Matteo Prioschi

I dipendenti in smart working non possono essere esclusi dalla base di computo per il collocamento obbligatorio. Questa la risposta fornita dal ministero del Lavoro con l'interpello 3/2021 a un quesito formulato dal consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro.
In base alla legge 68/1999, per calcolare la quota di persone disabili da assumere obbligatoriamente si tiene conto di tutti i dipendenti con contratto di lavoro subordinato, eccetto eventuali categorie espressamente indicate dalla legge o dalle discipline di settore.

I consulenti del lavoro hanno chiesto se si può applicare al caso specifico la previsione contenuta nell'articolo 23 del Dlgs 80/2015, in base al quale i dipendenti in telelavoro sono esclusi «dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative ed istituti». Secondo tale disposizione i dipendenti in telelavoro non rientrano nel calcolo della quota di riserva, anche in proporzione alle ore di telelavoro se non corrispondenti all'orario a tempo pieno.

Il ministero del Lavoro sviluppa la risposta sotto due aspetti. Il primo riguarda la natura e la finalità del telelavoro e dello smart working. Il telelavoro, si legge nell'interpello, è uno strumento di conciliazione tra vita privata e lavorativa presente nell'ordinamento già dal 2004, ma che non ha avuto particolare successo e proprio per questo si è pensato di incentivarlo anche con l'articolo 23 del Dlgs 80/2015. Lo smart working si differenzia dal telelavoro perché prevede l'alternanza dell'attività in e fuori dalla sede aziendale e, durante la fase di pandemia, è stato utilizzato massicciamente più per ragioni di tutela della salute pubblica e di mantenimento dei livelli produttivi che per conciliare vita lavorativa e privata.

Il secondo è normativo. E il ministero evidenzia che, a differenza del telelavoro, non c'è una disposizione che esclude esplicitamente i dipendenti in smart working dall'organico aziendale. Inoltre, come affermato dalla Cassazione, i casi di esclusione dall'organico previsti dall'articolo 4, comma 1, della legge 68/1999 sono tassativi e non si può procedere per analogia o estensione. Peraltro, argomenta il ministero, escludere i dipendenti in lavoro agile porterebbe a pregiudicare «in modo significativo la logica inclusiva della normativa speciale sulle assunzioni obbligatorie». Infine, viene ricordato che i dipendenti in smart working rientrano nell'organico aziendale anche per altre finalità, tra cui il requisito dimensionale per l'accesso agli ammortizzatori sociali.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©