Rapporti di lavoro

Sì all’uscita dei dirigenti se c’è un taglio dei costi

di Pasquale Dui

Il dirigente può essere legittimamente licenziato in caso di crisi aziendale, ma l’effettiva riorganizzazione in corso nell’impresa deve essere provata. È il principio espresso dalla Corte di cassazione nella sentenza 87 del 4 gennaio.

Sul licenziamento per crisi aziendali, ristrutturazioni, riorganizzazioni, la Corte ha sempre sostenuto che, ove siano dedotte esigenze di riassetto organizzativo per una più economica gestione dell’azienda, la corrispondente scelta imprenditoriale è insindacabile, nei suoi profili di congruità e opportunità. In questi termini, può considerarsi licenziamento ingiustificato solo quello non sorretto da alcun motivo (e che, quindi, sia meramente arbitrario) o sorretto da un motivo che si dimostri pretestuoso, tale da celare l’intento di liberarsi della persona del dirigente. Il che comporta, dato il principio costituzionale di libertà di iniziativa economica imprenditoriale (articolo 41 della Costituzione), che il datore di lavoro può scegliere discrezionalmente le persone idonee a collaborare con lui ai livelli dirigenziali.

In via di principio, dunque, la ristrutturazione (riorganizzazione)/soppressione del posto di lavoro, anche per mera riduzione dei costi e senza obbligo alcuno di considerare la possibile ricollocazione del dirigente, può essere considerata motivo di licenziamento giustificato, sia in relazione alle previsioni di legge (giustificato motivo oggettivo), sia in relazione alle previsioni di contratto collettivo (giustificatezza).

I limiti fissati dai giudici
L’unico limite da tenere in considerazione, secondo la giurisprudenza, è la rigorosa verifica e valutazione della effettività della riorganizzazione e/o delle ragioni economiche, in relazione a possibili comportamenti maliziosi o pretestuosi dell’azienda. La giurisprudenza più recente, nella quale rientra la sentenza 87 del 4 gennaio 2019 (per un caso di dichiarata soppressione della posizione lavorativa di direttore amministrativo, nell’imminenza di una crisi aziendale, e redistribuzione delle funzioni in capo all’amministratore delegato, circostanze però non veritiere e, dunque, non emerse in giudizio) ha:
• negato la giustificatezza per riorganizzazioni legate a crisi inesistenti o comunque non dimostrate;
• censurato sospette movimentazioni del dirigente in posizioni professionali e organizzative seguite dal licenziamento del manager interessato per soppressione della stessa posizione;
• dato rilievo ad assunzioni successive di dipendenti/dirigenti per le stesse mansioni;
• dato rilievo alla mancata offerta da parte della società di riduzione della retribuzione del dirigente; 
• negato che un concomitante licenziamento collettivo del personale dipendente fosse idoneo a giustificare, di per sé, anche il licenziamento del dirigente.

Il licenziamento del dirigente, motivato dalla soppressione della mansione conseguente all’unificazione di due filiali, è stato ritenuto assistito da giustificatezza, a prescindere dalla prova dello stato di crisi in cui l’azienda si sarebbe trovata. In questi termini, un giudizio analogo è stato dato con riguardo alla soppressione della mansione di direttore generale, motivata dall’esigenza di riduzione dei costi aziendali.

È stato dichiarato legittimo il licenziamento di un dirigente dovuto alla necessità di ridurre le spese di esercizio, in vista di un processo di sostanziale dismissione dell’azienda, essendo, in questo senso, del tutto ragionevole puntare alla diminuzione dei costi anche attraverso il solo licenziamento del dipendente di maggior livello retributivo, soprattutto qualora la stessa funzione di questi all’interno dell’organizzazione produttiva, come nel caso specifico, risulti, per ragioni oggettive, in via di esaurimento.

Le tutele del dirigente
Volendo schematizzare i termini degli orientamenti più recenti della Cassazione, che sembrano avallare la configurazione di una attenuazione delle tutele del dirigente, si puo rilevare che:
• il mantenimento delle mansioni/funzioni già svolte dal dirigente licenziato, ma a un costo inferiore, è manifestazione di una possibile e legittima scelta imprenditoriale;
• le esigenze di riassetto organizzativo, finalizzato a una più economica gestione dell’azienda, rendono giustificato il licenziamento;
• solo l’intento - unico e manifesto - di liberarsi della persona del dirigente, può determinare un conseguente giudizio di ingiustificatezza;
• la scelta imprenditoriale può risolversi anche in una riorganizzazione delle risorse umane finalizzata a garantire una gestione non in perdita dell’azienda;
• è sempre richiesta la verifica in giudizio della assoluta e dimostrata veridicità delle motivazioni poste a base del licenziamento.

Leggi la sintesi delle sentenze

Leggi i testi delle sentenze
Cassazione civile, ordinanza 27199 del 26 ottobre 2018
Cassazione, sentenza 23894 del 2 ottobre 2018
Tribunale di Venezia, sentenza del 6 agosto 2018
Cassazione, sentenza 12668 del 20 giugno 2016

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