Rapporti di lavoro

Contratti flessibili e saperi incrociati: il lavoro del futuro

di Luca Orlando

Per 44 lavoratori su 100 si prevede che in 10 anni i contenuti delle mansioni cambieranno. Cambiamenti che per la verità sono già ben visibili nelle aziende, dove comincia a prendere piede lo smart working, dove i blue collar iniziano a poter gestire impianti in modalità remota, dove i lavoratori iniziano a trovarsi fianco a fianco con robot collaborativi. Il senso del libro bianco sul lavoro di Assolombarda è qui, nei profondi e pervasivi cambiamenti in atto, che rendono indispensabile una rivisitazione a tutto campo delle regole.

«Nel paese pare tutto fermo - spiega il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi - ed ecco perché crediamo che sia quanto mai urgente offrire una visione sul futuro su temi chiavi per la crescita delle imprese e del Paese, come il lavoro. In modo da attrezzarci oggi prima di dover inseguire domani». L’analisi, realizzata in collaborazione con la Fondazione Adapt, prende le mosse dalle aree considerate di maggior impatto in termini di cambiamento (tecnologie, invecchiamento della popolazione, dinamiche territoriali, competenze e rappresentanza), per poi formulare una serie di proposte. Un primo tema chiave è proprio quello delle competenze, in grande evoluzione e sempre meno gestibili attraverso contratti nazionali rigidi. A contare sempre più sarà la prestazione e la misurazione dell’orario di lavoro potrebbe dunque non essere più il paradigma chiave nel futuro. «Non stiamo parlando di abolire i contratti - spiega Bonomi - ma certamente per alcuni lavori dovremo avere una visione nuova e strumenti nuovi. Come misurare ad esempio il contributo di un lavoratore in smart working? Forse, più del tempo, conta la sua prestazione, il valore aggiunto fornito. I sistemi di inquadramento previsti rischiano di diventare gabbie troppo strette, mentre lo sviluppo del lavoro agile richiede un cambio di paradigma nella valutazione della prestazione stessa».

Se le nuove tecnologie avranno un impatto evidente sui modelli organizzativi, un effetto altrettanto profondo vi è dal lato demografico, con l’invecchiamento della popolazione e dunque dei lavoratori a rappresentare un enorme fattore di cambiamento. Da gestire ricorrendo ad una formazione continua, mirata e capillare. Che misuri passo dopo passo il gap esistente tra competenze possedute e richieste dell’impresa per mantenere una allineamento costante.

«La formazione deve essere un diritto - aggiunge Bonomi - ma allo stesso tempo un dovere, perché qui ci giochiamo il futuro della manifattura. Il dibattito crediamo sia giusto portarlo qui, sui fattori abilitanti per l’occupabilità. È giusto aiutare chi è in difficoltà ma il reddito di cittadinanza di cui si parla non crea sviluppo, perché non interviene sui fattori che fanno crescere il lavoro». Le proposte avanzate si muovono in più direzioni: dall’introduzione di nuove forme di flessibilità contrattuale agli incentivi fiscali per adottare nuovi modelli organizzativi; dal rilancio dell’apprendistato a nuovi strumenti di conciliazione famiglia-lavoro (ad esempio trasformando il congedo parentale in voucher baby-sitter); dalla redazione di un testo unico sul welfare aziendale al ripensamento delle politiche sulla sicurezza, passando dalla concezione di fabbrica chiusa allo spazio esteso in cui i lavoratori operano. Il lavoro presentato ieri per Assolombarda è solo una prima tappa, già a settembre seguirà un volume con proposte concrete in ambito fiscale.

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