Rapporti di lavoro

Vestager: no a fondi europei per trasferire posti di lavoro

di Beda Romano

All’indomani della visita qui a Bruxelles del ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, tutta dedicata alla vicenda Embraco, la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager ha confermato ieri che la Commissione europea sta «seriamente» valutando la situazione in Italia. Nel frattempo, il caso sta segnando la campagna elettorale per il voto del 4 marzo. Il premier Paolo Gentiloni ha denunciato in Europa il dumping sociale dei paesi dell’Est nei confronti dei paesi dell’Ovest.

In sintesi, due sono state le richieste italiane fatte agli interlocutori bruxellesi. In primo luogo, Roma ha chiesto a Bruxelles di verificare se il trasferimento dello stabilimento Embraco dal Piemonte alla Slovacchia non sia stato facilitato da aiuti di stato illegittimi da parte del governo slovacco. In secondo luogo, il governo italiano ha chiesto di poter creare un fondo per la reindustrializzazione delle aree in crisi, nei casi di delocalizzazioni intra-UE, in deroga alle regole comunitarie sugli aiuti di stato.

In una conferenza stampa qui a Bruxelles, la commissaria alla concorrenza ha assicurato di essere sensibile alla questione, ma non ha potuto prendere posizione. «Abbiamo chiesto per un paio di casi nuovi dettagli e fino a quando non li avremo non potremo pronunciarci. Ciò detto, stiamo considerando la questione seriamente perché sono coinvolte risorse dei contribuenti europei», ha detto la signora Vestager che due giorni fa aveva incontrato il ministro Calenda (si veda Il Sole24 Ore di ieri).

L’ipotesi italiana è che la Slovacchia abbia utilizzato denaro pubblico in modo illegittimo, e possibilmente anche fondi europei. Su quest’ultimo aspetto, la signora Vestager ha aggiunto: «Una delle cose che abbiamo fatto quando abbiamo rafforzato le regole per assicurarci che l’uso dei fondi strutturali non venga usato per spostare lavoro da un paese all’altro, è stato di dire che non si possono chiudere posti di lavoro né due anni prima, né due anni dopo avere ricevuto aiuti».

Anche sull’idea di un fondo per la reindustrializzazione, la commissaria non ha potuto prendere posizione. «Siamo sempre pronti a discutere nuove idee che arrivano dagli Stati membri. Nel caso degli effetti della globalizzazione prevediamo a livello europeo interventi per mitigarne l’impatto quando una regione o un settore vengono colpiti se un business si trasferisce fuori dall’Unione. L’idea di base italiana non è quindi estranea alle regole, ma non posso dire nulla di specifico fino a quando non ne conosceremo i dettagli».

In Germania, nel decennio scorso, il governo Schröder dovette affrontare di petto una ondata di delocalizzazioni di aziende tedesche che contribuì a una elevata disoccupazione. Pungolati dal governo socialdemocratico-verde, imprese e sindacati trovarono una serie di accordi per ridurre i salari reali e migliorare la produttività, in modo da disincentivare per quanto possibile il trasferimento di impianti. Nel contempo, furono varate nuove regole di diritto del lavoro, le Leggi Hartz.

Più in generale, il governo italiano ha posto la questione della concorrenza eventualmente sleale tra i paesi europei, allargando il dibattito relativo al dumping sociale ben oltre la questione dei lavoratori distaccati (vale a dire, per esempio, gli autotrasportatori che registrati in un paese lavorano in un altro stato membro). Al netto di eventuali debolezze italiane in termini di produttività, Roma mette l’accento sui vari fattori in gioco - dal fisco al diritto del lavoro fino agli incentivi alle imprese.

In piena campagna elettorale, la classe politica ha fatto della vicenda una sua bandiera. Ieri da Milano, il premier Gentiloni ha spiegato che «il governo ha fatto del caso Embraco un caso esemplare: riguarda il modo in cui si sta insieme nell’Unione Europea». Riferendosi alle riflessioni della Commissione, il ministro Calenda ha aggiunto da Varese: «Con le buone intenzioni non ci faccio niente, quello che devono fare è verificare se sono stati fondi strutturali o aiuti di stato non leciti per attrarre un’azienda».

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