Rapporti di lavoro

Il part time oltre il 3% per gli edili resta dubbio

di Enzo De Fusco

In caso di assunzione di lavoratori a tempo parziale oltre il 3% stabilito dal Contratto collettivo nazionale di lavoro edile, l’azienda per i contratti eccedenti è tenuta a pagare i contributi sulla retribuzione virtuale di un lavoratore a tempo pieno. Lo aveva chiarito l’interpello n. 8 del 3 marzo 2011 del ministero del Lavoro, sul presupposto che la norma demandava alla contrattazione collettiva la determinazione delle «condizioni e modalità della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro» (articolo 1, comma 3, Dlgs. 61/2000).

Con la riforma del testo unico dei contratti (Dlgs 81/2015), però, la previsione è scomparsa e dal 25 giugno 2015 le aziende operano nell’incertezza, col rischio di pagare contributi superiori al dovuto. Il tema era stato posto dall’associazione di categoria delle aziende edili, in quanto il Ccnl Edilizia Industria, firmato il 18 giugno 2008, aveva introdotto una disciplina per contrastare fenomeni di utilizzo improprio del contratto a tempo parziale nel settore.

Secondo il contratto, «fermo restando quanto previsto dalla legge, nelle more dell’adozione dei criteri di congruità da parte delle Casse edili, le parti stabiliscono che un’impresa edile non può assumere operai a tempo parziale per una percentuale superiore al 3% del totale dei lavoratori occupati a tempo indeterminato». La stessa norma contrattuale dispone inoltre che «resta ferma la possibilità di impiegare almeno un operaio a tempo parziale, laddove non ecceda il 30% degli operai a tempo pieno dipendenti dell’impresa». L’interpello n. 8/2011 ha richiamato la norma di allora (articolo 1, comma 3, del Dlgs 61/2000) secondo cui i contratti collettivi nazionali e territoriali possono determinare condizioni e modalità della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro a tempo parziale.

Perciò, secondo il ministero e l’Inps, sui contratti di lavoro a tempo parziale eccedenti il limite contrattuale deve essere versata la contribuzione virtuale cosi come stabilito dall’articolo 29, comma 1 del Dl 244/1995 (legge 341/1995). Ne consegue che il mancato pagamento di tale contribuzione, secondo gli enti, determina il mancato rilascio di un Durc positivo.

Queste disposizioni amministrative non sono state ancora superate nonostante il Dlgs 81/2015, che ha introdotto il testo unico dei contratti, nella sezione del part-time, non abbia più riproposto la norma prima presente nel Dlgs 61/2000.

La conseguenza naturale di questa scelta legislativa è che le precisazioni fornite su questo tema dal ministero del Lavoro e dall’Inps devono ritenersi superate.

Però a dirlo devono essere gli enti stessi, per evitare di incorrere nel mancato rilascio di un Durc positivo.

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