Rapporti di lavoro

Illegittimo il licenziamento per la violazione contestata tardi

di Giampiero Falasca

Il licenziamento disciplinare che viene dichiarato illegittimo per tardività della contestazione deve essere sanzionato con il riconoscimento in favore del dipendente di un’indennità risarcitoria di importo compreso tra 12 e 24 mensilità della retribuzione globale di fatto; non spetta, invece, la reintegrazione sul posto di lavoro, in quanto tale sanzione si applica a fattispecie diverse e più gravi.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione (sentenza 30985/2017, depositata ieri) hanno risolto il rilevante contrasto interpretativo sorto in merito al regime sanzionatorio da applicare ai licenziamenti che risultano illegittimi per tardività della contestazione disciplinare. La questione riguarda i licenziamenti per i quali ancora trova applicazione l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

La controversia da cui scaturisce la sentenza era stata promossa da un lavoratore cui l’azienda aveva contestato un illecito disciplinare ad oltre due anni di distanza da quando si erano svolti i fatti. All’esito del giudizio di primo grado, il dipendente aveva ottenuto l’accertamento dell’illegittimità del recesso e il Tribunale aveva applicato la sanzione risarcitoria; invece, in appello la Corte aveva optato per una sanzione più forte (reintegrazione sul posto di lavoro).

Le pronunce di primo e secondo grado hanno applicato i due orientamenti della giurisprudenza di legittimità in merito alle conseguenze sanzionatorie del vizio della tardività. Secondo un indirizzo - seguito dal giudice di primo grado - si deve negare carattere sostanziale al vizio della tardiva contestazione disciplinare, con conseguente applicazione della tutela indennitaria; secondo un altro orientamento - seguito dai giudici di appello - l’immediatezza della contestazione costituisce un elemento costitutivo del licenziamento, la cui mancanza consente l’applicazione della tutela reintegratoria.

Le Sezioni Unite dirimono il contrasto aderendo al primo orientamento. L’articolo 18 non include mai la contestazione tardiva tra i vizi che comportano la reintegrazione sul posto di lavoro, che sia la versione “forte” prevista dal comma 1 (reintegra più risarcimento illimitato) oppure quella “attenuata” prevista dal comma 4 (reintegra più risarcimento limitato a un massimo di 12 mensilità). La Corte rileva, infatti, che il fatto contestato tardivamente comunque è stato commesso e, come tale, non può considerarsi materialmente inesistente.

Una volta chiarito che si applica la tutela indennitaria, la sentenza si pone anche il problema di chiarire se si applica la tutela indennitaria piena (dalle 12 alle 24 mensilità) oppure quella in forma attenuata (dalle 6 alle 12 mensilità). Quest’ultima sanzione si applica alle violazioni meramente procedurali, fattispecie cui – secondo la Corte – non si può assimilare la tardività della contestazione, in quanto il principio di tempestività dell’azione disciplinare è indispensabile per garantire al lavoratore una difesa effettiva.

Sezioni Unite della Corte di cassazione - Sentenza 30985 dicembre 2017

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