Rapporti di lavoro

Distacchi nella Ue: paghe e contributi a doppio binario

di Giampiero Falasca

L’accordo raggiunto recentemente dai ministri del Lavoro della Ue per modificare la direttiva comunitaria 96/71/Ce sul distacco transnazionale dei lavoratori (si veda Il Sole 24 Ore del 25 ottobre) ha riportato al centro dell’attenzione un tema che è la “spina nel fianco” delle politiche comunitarie del lavoro, perché genera controversie sia quando si svolge in maniera regolare, sia quando il distacco diventa uno strumento per commettere abusi.

La fattispecie si verifica quando un’azienda che ha sede in uno Stato membro dell’Unione europea invia per un motivo valido (un distacco lecito, un appalto realmente esistente, un contratto di somministrazione regolare) un proprio dipendente a lavorare presso un altro Stato membro.

A questo lavoratore si dovranno applicare, secondo il Dlgs 136/2016, per tutto il periodo in cui svolge l’attività presso il Paese ospitante, le stesse condizioni di lavoro e di occupazione previste per i lavoratori locali.

Questa regola mira a disincentivare fenomeni di dumping contrattuale, ma il rischio non è scongiurato del tutto, perché anche con la parità retributiva i lavoratori distaccati possono avere un costo differente sul piano contributivo.

Per il calcolo dei costi previdenziali, infatti, vale il principio di «personalità»: il datore di lavoro continua a pagare i contributi nel Paese di origine fino a un periodo massimo di 24 mesi, pur dovendo applicare le retribuzioni del Paese di destinazione (se invece i lavoratori provengono da paesi esterni all’Unione Europea, vale il principio di «territorialità», e i lavoratori devono pagare i contributi nel Paese in cui svolgono l’attività lavorativa, ma possono applicarsi regole diverse in base a specifiche convenzioni internazionali).

Per evitare che questa differenza di costo abbia un effetto distorsivo sul mercato, l’Unione Europea intende ridurre da 24 a 12 mesi (estensibili a 18) la durata massima del periodo di applicazione del principio (con un’eccezione per il settore del trasporto, che mantiene le regole vigenti).

Per via della sua convenienza, non è raro che il distacco transnazionale mascheri una condotta illecita: è costituito un soggetto fittizio in un Paese dove i costi contributivi sono minori, si assume fittiziamente presso tale Paese un dipendente che poi viene distaccato in Italia. In questo modo, si applicano costi contributivi ridotti, come se fosse un vero distaccato internazionale, a un lavoratore straniero che si trova già in Italia ed è stato reclutato direttamente dall’impresa locale.

Per contrastare questi abusi, il Dlgs 136/2016 impone ai soggetti che usano il distacco transnazionale diversi adempimenti. L’impresa che distacca lavoratori in Italia ha l’obbligo di comunicare il distacco al ministero del Lavoro entro la mezzanotte del giorno antecedente l’inizio del distacco e di comunicare le successive modifiche entro cinque giorni. La comunicazione preventiva deve contenere:

i dati identificativi dell’impresa distaccante;

il numero e le generalità dei lavoratori distaccati;

la data di inizio, di fine e durata del distacco;

il luogo di svolgimento della prestazione di servizi;

i dati identificativi del soggetto distaccatario;

la tipologia dei servizi e le generalità dei referenti dell’azienda distaccante.

L’impresa distaccante deve inoltre designare un referente domiciliato in Italia, incaricato di inviare e ricevere atti e documenti (in mancanza, come sede dell’impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale l’impresa distaccataria) e un altro referente con i poteri di rappresentanza necessari per tenere i rapporti con le parti sociali interessate a promuovere la negoziazione collettiva di secondo livello; questo soggetto ha l’obbligo di rendersi disponibile in caso di richiesta motivata delle parti sociali.

L’azienda distaccante, poi, durante tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, deve conservare, predisponendone copia in lingua italiana, il contratto di lavoro e ogni altro documento contenente le informazioni sul rapporto di lavoro.

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