Rapporti di lavoro

Tutela limitata per i soggetti danneggiati dalle denunce

di Franco Toffoletto

La questione dei whistleblowers sorse molti anni fa dopo la «vicenda Enron» del 2001, la quale aveva provocato negli Usa l’adozione di una legge (chiamata Sarbanes-Oxley del 2002, dal nome dei due propositori), che conteneva, tra l’altro, l’obbligo delle società quotate di introdurre per i dipendenti un sistema di comunicazione che garantisse l’anonimato e una protezione contro atti ritorsivi nei confronti del dipendente stesso.

Da allora, in molti paesi europei si è discusso moltissimo sul tema, in considerazione del fatto che il sistema adottato negli Usa confliggeva con principî fondamentali dei diversi ordinamenti, creando problemi, talvolta irrisolubili, per le filiali americane che invece, per espressa previsione legislativa, dovevano assicurare il rispetto della norma anche fuori dai confini nazionali.

Poi a poco a poco, anche in Europa, si è cominciato ad introdurre lo stesso concetto. Seppure, in alcuni paesi con molte limitazioni: in Francia, per esempio, la legge conferisce una protezione al soggetto denunziante solo in ipotesi assai limitate che riguardano il bullismo o le molestie sessuali, le questioni di sicurezza e di tutela della salute, il maltrattamento negli ospedali: ma manca un generale schema di protezione contro gli atti ritorsivi. Ora è il turno del nostro paese.

La questione più grande che si pone relativamente a questo tipo di regolamentazione riguarda la protezione del soggetto denunciante e le conseguenze di una falsa segnalazione. La norma italiana interviene con due previsioni. Nel caso della Pa è a carico dell’amministrazione dimostrare che le misure discriminatorie o ritorsive siano motivate da ragioni estranee alla segnalazione. La protezione viene meno se sia stata accertata, anche con sentenza soltanto di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per calunnia o diffamazione o la responsabilità civile con dolo o colpa grave. Il comma che prevedeva la possibilità di licenziamento per giusta causa in caso di falsa segnalazione è stato misteriosamente soppresso nell’ultima revisione.

Nel caso dei rapporti di lavoro privato si prevedeva, nel testo precedente le ultime modifiche, il diritto degli aventi causa di tutelarsi qualora fossero accertate in capo al segnalante responsabilità di natura penale o civile legate alla falsità della dichiarazione: ma anche questa precisazione è stata soppressa. È rimasta solo la disposizione che, nel codice disciplinare che fa parte del modello organizzativo di cui alla legge 231/2001 (quella che prevede la responsabilità delle aziende per gli illeciti commessi), prevede sanzioni «nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonchè di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelino infondate».

La limitazione non ha senso. Il rendere necessario l’avere agito con dolo o colpa grave determinerà quasi sempre che il soggetto od i soggetti danneggiati dalle segnalazioni infondate non avranno protezione (e subiranno i pesantissimi danni che il comportamento irresponsabile potrà aver procurato loro) e che al contrario, il soggetto segnalante acquisterà un protezione non dovuta nonostante la sua segnalazione fosse falsa o inesistente.

Come ha giustamente osservato il senatore Sacconi nel suo intervento in Aula, la legge è assolutamente inadeguata, anzi pericolosa. Ed io sono d'accordo.

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