Rapporti di lavoro

Il subentro nell’appalto e il contratto collettivo di riferimento

di Silvano Imbriaci

Il fenomeno della successione negli appalti è solitamente studiato in chiave di confronto tra le esigenze di protezione del personale, a fronte del subentro di un nuovo soggetto appaltatore, e il grado di libertà assicurabile al nuovo imprenditore nella gestione dell'appalto e del personale utilizzato; sotto questo profilo, appare rilevante anche la questione della identità della contrattazione collettiva da applicarsi nella vicenda successoria. Da un punto di vista generale e normativo (al netto di eventuali e specifiche indicazioni contenute nei capitolati di appalto), il fenomeno della successione negli appalti è regolato dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Sotto il profilo normativo, l'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003, a seguito delle modifiche introdotte al terzo comma dall'art. 30 della legge 7 luglio 2016, n. 122, in vigore dal 23 luglio 2016, prevede che “l'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda”. Tali modifiche, allo scopo di eliminare fenomeni fittizi di circolazione delle imprese, per giunta senza alcuna effettiva tutela dei lavoratori interessati, hanno inteso superare la tradizionale interpretazione, volta a stabilire una netta separazione, anche ontologica, tra subentro nell'appalto e trasferimento di azienda (escludendo in radice l'obbligo per l'appaltatore subentrante di farsi carico del personale del vecchio appaltatore). Occorre dunque preliminarmente verificare, soprattutto nei settori labour intensive (es. multiservizi), se il cambio d'appalto, in concreto, possa essere considerato un trasferimento d'azienda (soprattutto in presenza, come spesso accade, di una sostanziale identità/continuità tra i due soggetti: cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 12 aprile 2016, n. 7121), oppure se si tratti di un fenomeno successorio genuino, tra due aziende che nulla hanno in comune, se non lo svolgimento di attività analoga o quanto meno riconducibile ad uno stesso settore di appartenenza. Il criterio distintivo, secondo le indicazioni del testo normativo, in verità non facilmente utilizzabile in concreto, riguarda la natura originale dell'impresa che subentra, la dotazione di una autonoma struttura organizzativa e operativa e la presenza di elementi di discontinuità tra vecchio e nuovo appaltatore. La distinzione è decisiva, in quanto, in presenza di un trasferimento di azienda, è direttamente la legge (art. 2112 c.c.) a garantire non solo il mantenimento dei livelli occupazionali, ma anche l'automatica applicazione delle norme della contrattazione collettiva fino a quel momento applicate ex art. 2112 III comma c.c. Il margine di libertà per l'imprenditore che subentra, in ordine all'applicazione di un diverso contratto diventa assai ristretto: a parte le fattispecie complessivamente migliorative, sulle quali nulla quaestio, la possibilità di sostituzione è limitata ai contratti collettivi del medesimo livello, a parità di inquadramento; e vi sono seri dubbi che possa essere applicato un contratto peggiorativo, senza la salvaguardia dei livelli retributivi e delle condizioni previste nel precedente contratto applicato. Quando invece sia riscontrata una effettiva cesura tra il vecchio e il nuovo, e per espressa disposizione di legge non trovi applicazione l'art. 2112 c.c., aumenta il margine di libertà dell'imprenditore subentrante nella scelta del contratto collettivo applicabile. Molte volte, in questi casi (quando non si ha trasferimento di azienda), il tentativo è quello di recuperare forme di garanzia analoghe a quelle dell'art. 2112 c.c. attraverso le c.d. clausole di protezione, inserite nei contratti collettivi applicabili, con meccanismi gradati e differenziati che assicurino una certa continuità nei rapporti di lavoro, o il mantenimento delle stesse condizioni contrattuali o comunque una garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali lasciando libertà sulle modalità con cui realizzare questo fine. Tuttavia l'efficacia di tali clausole è per sua natura meno solida rispetto alla garanzia normativa (cfr. circ. Min. Lav. n. 22/2012); spesso, infatti, si tratta di clausole che ammettono la prova di elementi giustificativi dell'inadempimento del comportamento richiesto, con l'effetto di non impedire la loro mancata applicazione in concreto (cfr. Cass. n. 8531/2006). Inoltre, la libertà contrattuale dell'imprenditore subentrante, purché, si ripete, non si tratti di un passaggio di consegne solo formale, avuto riferimento anche all'appartenenza sindacale, permette comunque la scelta di un contratto diverso, sempre secondo criteri di omogeneità e coerenza rispetto alla natura dell'attività svolta e, possibilmente, avuto riguardo all'inquadramento, secondo le regole generali. Anche per quanto riguarda le modalità di comunicazione del subentro, ferma restando la necessità di comunicazioni obbligatorie per il semplice fatto che muta il datore di lavoro, il contenuto di dette comunicazioni cambia a seconda che vi sia o no una cesura tra vecchio e nuovo rapporto. Se infatti vi è trasferimento di azienda il lavoratore porta con sé la sua storia lavorativa e dovrà essere fatta una semplice comunicazione di variazione del datore di lavoro per i lavoratori che continuano la loro attività in esecuzione dell'appalto; allo stesso modo l'impresa cedente dovrà comunicare la formale cessazione del rapporto (probabilmente nella forma di una risoluzione consensuale), non rientrando la vicenda in alcuna ipotesi di esenzione dall'obbligo di comunicazione. Nel caso in cui il personale dell'impresa uscente non sia ricollocato (quando l'imprenditore subentrante, ad esempio, non sia in grado di garantire il livello occupazionale, al di fuori delle ipotesi di trasferimento di azienda), si attiveranno le normali procedure di cessazione del rapporto per effetto della soppressione dei posti di lavoro (con la possibilità per i lavoratori esclusi di far valere le proprie ragioni sia nei confronti del cedente che nei confronti della nuova azienda appaltatrice che abbia violato una clausola di protezione).

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