Rapporti di lavoro

Welfare premiale a modulazione (rigidamente) variabile

di Matteo Ferraris

Il premio al dipendente può passare dal welfare e l'agenzia delle Entrate promuove piani di welfare variabili anche in funzione di dati individuali. Con la risposta positiva a un interpello la direzione regionale della Lombardia avalla un piano strutturato in funzione delle performances che abilitano livelli differenziati di prestazioni e servizi.

La distinzione concettuale
Il concetto di welfare aziendale è stato sdoganato dalla legge di Stabilità 2016 che ha innovato una serie di lettere del comma 2 dell'articolo 51 del Tuir legittimandolo attraverso l'esclusione di una serie di valori in natura dalla base imponibile del reddito da lavoro; tali valori devono essere attribuiti collettivamente a tutti o a una categoria omogenea di lavoratori.
La possibilità di negoziare tali valori e il beneficio della detassazione hanno ovviamente spostato l'interesse sulla novità.
La stessa innovazione normativa è stata accompagnata dalla rimodulazione della detassazione del cosiddetto “salario di produttività” che consentiva di sostituire la tassazione agevolata di un premio di risultato con l'esonero totale in caso di incasso in natura del premio, attraverso quelli che nella vulgata sono diventati “strumenti di welfare”.
Il caso oggetto dell'interpello supera la distinzione precedente e propone il cosiddetto “welfare premiale”, vale a dire un welfare concepito sin dall'origine come strumento di incentivazione non convertito né convertibile in denaro. La fattispecie è stata codificata sin dalla circolare 28/E/2016 che, nel trattare di «beni e servizi (benefit) erogati in sostituzione di premi», ha considerato la facoltà che l’obbligazione datoriale abbia ad oggetto sin dal suo nascere l’erogazione di beni e servizi attribuiti ai lavoratori anche a titolo premiale.

Dal principio alla strutturazione operativa
La legittimazione del “welfare premiale” rendeva necessaria la definizione di una struttura operativa che affrontasse anche il superamento del trasferimento dal datore di lavoro al dipendente di precisi beni e/o servizi a favore di una fruizione di ampie categorie di beni e servizi proposte da intermediari e abilitate da piattaforme web che consentivano di gestire un “portafoglio-welfare” finanziato dal datore di lavoro.
L'evoluzione del modello favorisce, infatti, una sostanziale evoluzione organizzativa fondata sulla traslazione
- dalla gestione diretta alla gestione intermediata dell'assegnazione,
- dalla rigidità alla flessibilità delle forme di assegnazione,
- dalla omologazione alla customizzazione della selezione dei beni e servizi.
In tale contesto generale, il distinguo tra attribuzione di un beneficio individuale ovvero collettivo diventava abbastanza difficile.

Il caso affrontato dall'interpello Dre Lombardia numero 904-791/2017, coinvolge un piano welfare
- a carattere premiale ed incentivante,
- rivolto a tutti i dipendenti,
- mediante la disponibilità di una specifica piattaforma web personalizzabile
- con fruizione integrata e flessibile del basket di servizi previsti dal medesimo piano welfare.
Sin qui il modello non sarebbe stato particolarmente innovativo.
La particolarità coinvolge l'assegnazione di un “credito welfare” (pari a 1.500,00 euro annui) da utilizzare secondo le proprie necessità ed esigenze e assegnato a ciascun dipendente al raggiungimento del 100 per cento di un determinato obiettivo individuale; il credito-welfare verrebbe ridotto proporzionalmente nell'ipotesi di raggiungimento di un risultato inferiore.
Dal secondo anno, l'importo precedente rappresenterebbe il massimo erogabile e sarebbe assegnato al raggiungimento del 100 per cento di un obiettivo aziendale legato al livello di fatturato annuo atteso; in caso di mancato raggiungimento, l'importo riconosciuto sarebbe pari al 3% della Ral individuale.

E questa è la reale innovazione. L'Agenzia dopo avere riepilogato le varie regole e principi applicabili alla fattispecie, accoglie l'istanza di interpello («sempreché il budget assegnato, in caso di non utilizzo, non venga convertito in denaro e rimborsato al lavoratore») nonostante la modulazione dell'attribuzione del credito-welfare sia fondata sul parametro individuale della Ral (e nonostante il gol relativo al primo anno risulti agganciato ad obiettivi individuali).
L'Agenzia considera che, nel caso di specie, la struttura del piano welfare «non parrebbe contrastare con la finalità delle norme agevolative» in quanto subordina l'accesso ai vari servizi al raggiungimento di determinati obiettivi di performance aziendale ed individuale con espressa indicazione del “credito welfare” attribuibile in funzione del livello di ottenimento di tali obiettivi.

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