Rapporti di lavoro

Tra indizi di ripresa e prevalenza dei «temporanei»

di Alberto Magnani

Quasi 2,8 milioni di nuove assunzioni nei primi mesi del 2017, in crescita del 16% rispetto al 2016 e con un saldo in positivo rispetto alle uscite. Ma la formula più diffusa resta quella dei contratti a termine, con qualche cenno di crescita dell’apprendistato e un calo abbastanza brusco del tempo indeterminato.

È il bilancio che emerge dal mercato del lavoro italiano dall’inizio dell’anno ad oggi, secondo l’incrocio di dati Inps e Istat riferiti ai primi mesi dell’anno. Come già segnalato in queste settimane dal Sole 24 Ore (si vedano da ultimo i numeri del 22 luglio e del 1° agosto) il rapporto tra entrate e uscite mostra segni di espansione, anche se i numeri sono spinti all’insù sopratutto dalle forme di contratto temporaneo.

I dati monitorati dall’Inps per il periodo gennaio-maggio, pubblicati a luglio, evidenziano ad esempio un saldo in positivo di 729mila unità tra i rapporti di lavoro attivati e quelli cessati, in rialzo rispetto alle +554mila unità del 2016 e alle +645mila del 2015. Il quadro si mantiene ottimistico sulla lunghezza dei 12 mesi, anche se l’aumento si ridimensiona a un totale di +497mila rapporti.

A emergere, però, è anche la prevalenza in valore assoluto dei contratti a tempo determinato, incluse le formule dei contratti stagionali (in aumento del 16% rispetto al maggio del 2016) e di somministrazione. Complici gli strascichi della crisi e il clima di incertezza, i rapporti a tempo sono aumentati fino a raggiungere un saldo superiore di sei volte a quello raggiunto delle altre macro-categorie contrattuali.

Nel dettaglio, sempre negli ultimi 12 mesi, si parla di un saldo totale di +428mila contratti a termine contro l’espansione, più modesta, dell’apprendistato (+48mila contratti) e soprattutto del tempo indeterminato: +21mila. Il totale registrato è di 2.736.000 nuove assunzioni, spinto proprio dall’ascesa dei rapporti a termine (+23%), con tanto di un vero e proprio boom dei contratti a chiamata: da 76mila a 165mila, un rialzo del +116% che si potrebbe attribuire alla necessità di trovare strumenti sostitutivi dopo l’abolizione dei “vecchi” voucher (decretata a marzo). In proporzione, viaggiano comunque su buoni livelli anche i rapporti di apprendistato (+47%).

Lo scenario sembra confermato dalle ultime rilevazioni Istat su occupati e disoccupati, aggiornate a giugno. Sui 367mila nuovi dipendenti registrati a giugno su scala annua, il totale dei nuovi professionisti assunti con contratti a termine (+265mila)è pari a oltre il doppio di quelli inquadrati con un rapporto «permanente» (+103mila).

Il calo più netto è segnato dai rapporti di lavoro indipendenti, scesi del 4% tra giugno 2016 e 2017: l’equivalente di 220mila rapporti di lavoro in meno, con una diminuizione del 13% solo tra maggio e giugno 2017. I “collaboratori” arrivano così a toccare uno dei picchi minimi dall’inizio delle rilevazioni: un totale di 5,3 milioni, meno di un quarto dei circa 22 milioni di occupati rilevati dall’Istat a giugno.

Tornando ai numeri dell’Inps, una buona nuova emerge dalla media delle retribuzioni, anche se nel solo ambito dei contratti permanenti. Nel caso dei rapporti a tempo indeterminato, la quota di stipendi inferiori ai 1.750 euro mensili è diminuita dal 57,9% del periodo gennaio-maggio 2016 al 55% del periodo analogo dell’anno in corso.

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