Rapporti di lavoro

Diritto di precedenza da indicare nel contratto a termine

di Giampiero Falasca

Con l’interpello 2/2017 del ministero del Lavoro (si veda il Sole 24 Ore di ieri), torna al centro dell’attenzione un istituto giuslavoristico che, nonostante abbia pesanti implicazioni applicative, è molto trascurato dai datori di lavoro: il diritto di precedenza.

L’istituto, nato nel 2012 con la legge Fornero e via via irrigidito dalle riforme successive, sino all’attuale disciplina contenuta nell’articolo 24 del Dlgs 81/2015, vincola in maniera molto pesante – ai limiti della costituzionalità – la facoltà di ciascun datore di lavoro di scegliere i dipendenti da assumere.

Secondo la disciplina vigente, infatti, una persona che ha lavorato almeno 6 mesi e 1 giorno alle dipendenze di un datore di lavoro, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato che l’ex datore intende fare a parità di mansioni (ipotesi che, secondo l’interpello, non ricorre quando il nuovo assunto è un apprendista che deve acquisire la qualifica già posseduta dall’ex dipendente a termine).

Affinché si raggiunga il minimo di 6 mesi e 1 giorno si possono sommare periodi diversi, anche a grande distanza di tempo perché la legge non fissa un arco temporale massimo, a patto che riguardino la medesima azienda.

Il vincolo diventa ancora più forte qualora il diritto riguardi una donna che ha fruito del congedo obbligatorio per maternità: nel computo dei 6 mesi rientra anche questo periodo se l’assenza è avvenuta durante un contratto a termine presso il datore di lavoro. Questa regola ha una finalità condivisibile – non penalizzare le lavoratrici madri – ma può produrre conseguenze paradossali (basta un periodo brevissimo di lavoro per far decorrere il diritto). La finalità di tutelare la maternità si traduce anche nella regola che estende il diritto di precedenza, in favore delle sole lavoratrici madri, alle future assunzioni a termine oltre che a quelle a tempo indeterminato.

Una volta maturato il diritto, il dipendente che intende farlo valere ha l’onere di manifestare, entro 6 mesi dalla fine del rapporto di lavoro, la propria volontà di essere assunto; manifestazione che si estende a tutte le assunzioni effettuate entro un anno dalla cessazione del rapporto. Anche dietro questa regola si nascondono delle insidie e dei paradossi applicativi: ad esempio la legge non chiarisce cosa accade se il datore di lavoro ha solo un posto disponibile, mentre il diritto di precedenza è stato maturato da più ex dipendenti.

Infine, va ricordato che la legge prevede a carico di ciascun datore di lavoro l’obbligo di menzionare, nella lettera di assunzione a tempo determinato, la possibilità di esercitare il diritto di precedenza alla fine del rapporto. Alcuni datori di lavoro omettono questo passaggio, ma è una condotta sconsigliabile, perché la mancata indicazione potrebbe ingenerare conseguenze risarcitorie a vantaggio dell’ex dipendente.

Queste norme possono essere modificate, a proprio piacimento, dai contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale. Alcune regole speciali valgono per il lavoro stagionale (la precedenza si applica solo rispetto a nuove assunzioni a termine per le medesime attività stagionali, e il termine per l’esercizio della volontà è di 3 mesi dalla fine del rapporto) e mentre nella somministrazione di lavoro non si applica alcun diritto di precedenza.

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