Rapporti di lavoro

Record europeo sui Neet, ma 3 su 4 cercano lavoro

di D. Col.

Nella corsa a ostacoli verso il futuro delle più giovani generazioni le certezze, purtroppo, battono le speranze.

I Millenials, ovvero i nati tra gli anni Ottanta e il Duemila già sanno, per esempio, che quando saranno nel pieno della loro vita lavorativa dovranno sostenere un numero di anziani che sarà pari, nel 2040, al 63% della popolazione attiva (era il 29% nel 2000). Un onere non da poco se la dinamica dell’economia dovesse rimanere sui ritmi attuali. Per non parlare della transizione tecnologica che, secondo diverse analisi, nei prossimi vent’anni vedrebbe scendere in campo robot e sistemi di intelligenza artificiale capaci di sostituire tra il 30 e il 40% degli attuali posti di lavoro. Vista in questa prospettiva pesa ancor di più il potenziale inespresso dei tanti giovani non più inseriti in un percorso scolastico o formativo e non ancora entrati nel mondo del lavoro. Sono i famosi Neet (dall’acronimo «Not in education, employment or training»), soggetto sociale analizzato ormai da anni anche dalla nostra statistica ufficiale.

L’ultimo Rapporto Istat sui Neet contiene due buone notizie e una cattiva. Partiamo dall’ultima: nel 2016 in Italia la quota di giovani tra i 15 e i 29 anni in condizione di Neet era la più elevata tra i paesi dell’Unione, il 24,3%, contro un valore medio del 14,2% e nettamente superiore a Germania (8,8%), Francia (14,4%) e Regno Unito (12,3%). Stiamo parlando di 2,2 milioni di ragazzi, vuol dire che se si considera l’intera popolazione compresa tra i 15 e i 29 anni uno su quattro è un Neet, mentre gli altri o sono già occupati (29,6%) o sono ancora a scuola (46,1%).

Le buone notizie: dopo il forte aumento negli anni della crisi ora i Neet sono in calo (-135mila unità; -5,7% sul 2015). Inoltre, contrariamente all’opinione comune, la maggioranza dei Neet vorrebbe lavorare al più presto. Secondo le rilevazioni dell’Istat l’anno scorso il 43,6% era in cerca di occupazione e il 32,6% faceva parte delle forze di lavoro potenziali. Dunque, solo un Neet su quattro è inattivo e indisponibile a lavorare. E su questa componente pesa anche il genere, visto che tra chi si dichiara indisponibile a un impiego ci sono tante giovani madri con figli piccoli che vivono a basso reddito.

La lunga crisi ha cambiato anche i livelli di istruzione dei giovani che si trovano in questa condizione e che, nella nuova classificazione per gruppi sociali Istat, sono più concentrati nelle famiglie meno benestanti. Se nel 2008 i Neet erano più diffusi tra giovani con la licenza media (21,5%) negli anni successivi sono cresciuti tra chi ha in tasca un titolo di studio più alto. Nel 2016 l’incidenza e diventata maggiore tra i diplomati (26,1%) mentre è rimasta più o meno stabile la quota dei laureati (22,9%).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©