Rapporti di lavoro

Tim, fucina dello smart working

di Cristina Casadei

Lo smart working di Tim riparte dalla sperimentazione del 2016-2017 e riparte con una nuova sperimentazione fino al 31 dicembre del 2018. «Una fucina digitale in movimento», così la definisce Giuseppe Depaoli, responsabile relazioni industriali. Ci sono due aspetti importanti che caratterizzano lo smart working di Tim. Il primo è «la verifica in corso d’opera. È stato fatto un primo esperimento pilota nel 2016-2017 e un primo bilancio. Adesso c’è un accordo sindacale e una nuova sperimentazione. Poi si effettuerà un bilancio su quanto fatto che potrà eventualmente essere modificato sulla base dell’esperienza. Nel frattempo le parti si incontreranno periodicamente per verificare se ci sono aspetti da rafforzare», spiega Depaoli.

In queste settimane sta entrando nel vivo il lavoro per “scaricare a terra” l’accordo con i sindacati e questo significa che agosto sarà il mese in cui Andrea Iapichino, responsabile People Caring Tim e il suo staff, lavoreranno per mettere a punto «tutti gli aspetti di natura normativa in modo che in settembre la grande macchina dello smart working sia pronta per partire e le persone possano iniziare a lavorare in questa modalità a partire da ottobre», spiega Depaoli.

L’accordo tra Tim e i sindacati introduce alcune novità rispetto al passato e nel panorama nazionale rappresenta «un esempio unico di come si possa coniugare il bilanciamento vita-lavoro e la soddisfazione del cliente - dice Iapichino -. Secondo le nuove regole che sono state condivise sarà possibile svolgere fino al 20% della prestazione in smart working. Anche con le nostre tecnologie, però, non sarà possibile un’apertura a tutti dello strumento. Per questo abbiamo costruito una cornice generale che è rivolta a tutte le figure che già erano state coinvolte nella prima sperimentazione a cui hanno aderito circa 9mila persone, e una cornice speciale che è rivolta ad alcune figure che normalmente non sono considerate quando si parla di lavoro agile». Nel dettaglio questa modalità potrà essere svolta in tutti i giorni lavorativi della settimana, per un giorno a settimana, con un massimo di 44 giorni all’anno. Il precedente accordo aveva individuato due sole giornate per lo smart working, il mercoledì e il giovedì, ma adesso che la sperimentazione ha avuto un esito positivo e l’approccio dell’organizzazione si può considerare maturo, si è scelto di estenderlo a tutti i giorni della settimana. Dei 44 giorni fino a 16 giorni potranno essere lavorati presso una sede esterna ai locali aziendali qualora ricorrano riscontrate esigenze di cura familiare, tecnico-professionali, ovvero di mobilità casa-lavoro. In casi eccezionali possono essere previsti fino a 3 giorni alla settimana anche continuativi con un massimo di 12 giorni al mese.

Dati i numeri della compagnia di telecomunicazioni l’applicazione dello strumento sarà tutt’altro che semplice. «È un percorso non scontato - spiega Depaoli - ma che in un’organizzazione come la nostra ha consentito di fare una diagnosi organizzativa dei processi per salvaguardarne l’integrità. Non siamo andati per automatismi, ma abbiamo ricercato nella macchina organizzativa quelle attività dove era possibile applicare questo strumento. Parlare di smart working significa affrontare un tema che ha parametri non tradizionali e che deve dispiegare i suoi effetti nei diversi contesti organizzativi. Nell’accordo abbiamo cercato di salvaguardare la flessibilità dello strumento che rappresenta un’opportunità per l’azienda e i lavoratori». Ad essere coinvolti, ci tiene a sottolineare Depaoli, «sono tre attori: azienda, lavoratori e, nell’ambito delle loro responsabilità, i sindacati. In particolare le relazioni industriali possono dare una spinta ulteriore alla riflessione per verificare i possibili miglioramenti dell’applicazione dello smart working».

Se parliamo di numeri, il punto di partenza sono «i 9mila lavoratori che hanno partecipato alla sperimentazione in 5 città. Il nuovo accordo prevede l’estensione a tutte le sedi italiane e potrebbe coinvolgere, potenzialmente, 11mila persone. Anche perché noi abbiamo immaginato di coinvolgere figure che finora non sono mai state coinvolte, come per esempio gli operatori dei call center tecnici, in attività di back office. Nel maxiprocesso di assistenza da remoto abbiamo cercato di introdurre il lavoro agile», spiega Iapichino. Se guardiamo all’organizzazione del lavoro, lo smart working si può considerare «un’opportunità per sviluppare al meglio le competenze digitali - interpreta Iapichino -. Siamo consapevoli che è partita la quarta fase industriale, una trasformazione veloce che deve essere accompagnata da esperienze che spingano le persone a maturare competenze nuove, soprattutto le metacompetenze che sono sempre più richieste nel mondo digitale dove si devono interfacciare anche persone che non lavorano negli stessi silos organizzativi».

Un’ultima nota riguarda il concetto della sostenibilità. Se quella aziendale è al centro, non va comunque tralasciata quella ambientale perché in un’organizzazione delle dimensioni di Tim che occupa quasi 52mila persone in Italia, la prima esperienza ha portato a un risparmio di oltre 1.400 tonnellate di Co2 e 302mila ore di pendolarismo in meno. Da ottobre questi numeri sono destinati a migliorare ulteriormente.

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