Rapporti di lavoro

Stabilimenti in Cigs ancora in calo: -38% nel 2016

di C.Fo.

Ci sono spiragli di luce, anche se da interpretare ancora con cautela, sulle crisi industriali. Il numero di stabilimenti in Cigs (cassa integrazione straordinaria) cala negli ultimi due anni. Nel 2016 erano 6.824, nel 2015 11.027, l’anno prima 14.591.

Due cali consecutivi dunque, nell’ordine del 38% e del 24% giunti dopo anni di ripetuti aumenti (le unità produttive interessate nel 2011 erano 5.039). A fornire una fotografia delle crisi partendo dagli stabilimenti, e non dalle ore di Cigs, è OpenCrisimpresa, il database in cloud aggiornato periodicamente sul sito del ministero dello Sviluppo economico nell’ambito dell’Osservatorio Statistiche impresa 2.0. L’applicazione elabora dati del Mise e del ministero del Lavoro, analizzando i decreti Cigs in un arco temporale lungo (dal 2011 al gennaio 2017) e su base regionale. A livello di macroripartizione sono state individuate 49.555 unità nel Centro-Nord e 12.590 nel Mezzogiorno.

Il trend
Sono stati esaminati complessivamente 62.545 stabilimenti produttivi in Cigs, in particolare 40.064 unità locali dell’industria e 21.850 dei servizi. Nel 2016 le unità in Cigs nell’industria registrano un calo del 37,4% mentre nel 2015 diminuivano del 28,7%, e le unità in Cigs nei servizi diminuiscono del 39,2% (16,3% nel 2015).

In tutto il periodo considerato, la «crisi aziendale» è la principale causale d’intervento (26.817), i contratti di solidarietà (22.392), la riorganizzazione e ristrutturazione aziendale (5.610), la cessazione di attività, concordato e altro (3.837), fallimento e liquidazione coatta (2.378), l’amministrazione straordinaria (1.511).

I settori «hi-tech»
Il monitoraggio tratto dall’Osservatorio (curato da Fabrizio Carapellotti e Paola Ribaldi della Direzione politica industriale) certifica, sulla base di numeri di lungo periodo, anche un assunto che si è via via consolidato durante gli anni della doppia recessione. Ovvero, sono i settori a più alto valore aggiunto, a maggiore grado di innovatività, a reggere in modo migliore. La distinzione operata è sulla base del livello tecnologico manifatturiero considerando i settori merceologici e i codici Ateco. Dal 2011 si contano 24.612 unità in cigs nel comparto low tech e 9.817 nell’hi tech (macchinari, autoveicoli e altri mezzi di trasporto, chimica, apparecchi elettrici, apparecchi medicali, apparecchi tlc, macchine per ufficio e computer).

Nel comparto manifatturiero le unità in Cigs nel 2016 registrano una diminuzione del 37,5% e nel 2015 del 29,1% (rispetto all’aumento del 14,6% nel 2014). Tra i settori con le flessioni più significative (oltre il 50%) il «recupero e preparazione per il riciclaggio» (-73,9%), la carta (-72%), gli apparecchi elettrici (-64%). E ancora macchine per ufficio e computer (-60%), abbigliamento (-54%), autoveicoli (-50,5%).

Le regioni
La geografia dei decreti rispecchia quello del tessuto industriale italiano. In tutte le regioni il numero di stabilimenti in Cigs cala. Alcuni esempi (2015-2016): Lombardia da 2.222 a 1.291, Veneto da 1.338 a 760, Emilia-Romagna da 1.230 a 807, Toscana da 843 a 510, Lazio da 744 a 531, Campania da 538 a 381, Puglia da 373 a 238.

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