Rapporti di lavoro

Riduzione della prognosi indicata nel certificato medico

di Alberto Bosco

La disciplina inizialmente stabilita per i pubblici dipendenti, con riguardo ai quali si prevede che (in tutti i casi di assenza per malattia) la certificazione medica è inviata in via telematica all'Inps, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, è stata estesa anche ai lavoratori del settore privato dal cd. Collegato lavoro: in base a tale norma, infatti, per assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e privato, nonché un efficace sistema di controllo, dal 1° gennaio 2010, in tutti i casi di assenza per malattia dei dipendenti di datori privati, per il rilascio e la trasmissione della attestazione di malattia si applicano le disposizioni dell'art. 55-septies del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

In particolare, dal 13 settembre 2011, il datore riceve o preleva dall'Inps la certificazione solo tramite le procedure telematiche messe a disposizione dall'Istituto, ove questa sia rilasciata da un medico dipendente del SSN o convenzionato, e che viene da quest'ultimo trasmessa con il canale telematico all'Inps (fatta eccezione per i casi di concreta impossibilità).

Ferma la facoltà dei lavoratori del settore privato di rivolgersi anche a un libero professionista di propria scelta, la certificazione da parte di un medico dipendente o convenzionato con il SSN (e quindi in modalità telematica) diventa invece obbligatoria nei seguenti casi (alternativi tra loro): eventi di malattia di durata, singolarmente considerati, superiore a 10 giorni; terza assenza per malattia (a prescindere dalla durata) nell'anno solare.

La certificazione di malattia viene compilata dal medico curante o dalla struttura sanitaria e consta di due sezioni: il certificato vero e proprio, che indica anche la diagnosi; e l'attestato, ossia la copia per il datore, privo della suddetta diagnosi.
Eccezion fatta per la presenza o mancanza della diagnosi, il contenuto è identico e riporta: i dati identificativi del medico che redige il certificato; i dati di prognosi, ossia inizio e termine previsto della malattia; se si tratti di inizio, continuazione o ricaduta; se si tratti di visita ambulatoriale o domiciliare; nome, cognome, codice fiscale, data e luogo di nascita del lavoratore; residenza o domicilio abituale del lavoratore, completo di città, indirizzo, e cap.; in caso di reperibilità durante la malattia a un indirizzo diverso da quello abituale, va indicato il nominativo indicato presso l'abitazione, se diverso dal proprio, la città, l'indirizzo e il cap. Al termine della procedura, il medico rilascia al lavoratore il numero di protocollo del certificato, che deve essere comunicato al datore di lavoro.

L'Inps, con il messaggio 12 settembre 2014, n. 6973, si era già occupato del rientro anticipato al lavoro in caso di assenza per malattia, ricordando che i medici possono inviare, nel periodo di prognosi, certificati che annullano i precedenti (per es. in caso di errori o refusi) o li rettificano: tale situazione si verifica se nel paziente si riscontra un decorso più favorevole, tale da indurre una riduzione della prognosi.

In quella sede era stato anche ricordato che:
a) l'art. 2087 cod. civ. obbliga il datore ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro e l'art. 20 del D.Lgs. n. 81/2008 obbliga il lavoratore a prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro;
b) il datore dispone solo dell'attestato di malattia, e non è legittimato a ricevere certificati recanti anche la diagnosi: quindi, non potendo conoscere il contenuto incapacitante della malattia, egli non è in grado di valutare se e in che misura il dipendente (che voglia rientrare in servizio in anticipo rispetto alla prognosi) abbia effettivamente recuperato le energie psicofisiche, tali da garantire sé stesso e l'ambiente di lavoro da ogni evento avverso connesso a una capacità di impegno non completamente riacquisita; ne deriverebbe l'impossibilità del datore di assolvere alle norme sulla salute e sicurezza sul lavoro;
c) quindi, il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere in anticipo il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal medico curante, potrà essere riammesso solo in presenza di un certificato medico che rettifichi la prognosi originaria.

Ora l'Istituto, con la circolare 2 maggio 2017, n. 79, torna sull'ipotesi della riduzione del periodo di prognosi indicato nel certificato di malattia, evidenziando che il sistema telematico costituisce un notevole vantaggio, in termini di celerità e certezza dei flussi certificativi, sia per l'Inps, per le successive attività per il riconoscimento della prestazione previdenziale, ove spettante, che per i datori i quali, con i servizi messi a disposizione, possono visualizzare tempestivamente gli attestati di malattia dei dipendenti.

La nuova circolare peraltro ribadisce che l'inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica costituisce, oltre che una violazione della normativa vigente, anche una fattispecie di illecito disciplinare - salvi i casi di impedimenti tecnici di trasmissione - per i medici dipendenti da strutture pubbliche o per quelli convenzionati (l'inosservanza, se reiterata, comporta per il medico il licenziamento o la decadenza dalla convenzione).

La data di fine prognosi contenuta nel certificato (in assenza di ulteriore certificazione) costituisce il termine ultimo per l'erogazione della prestazione economica di malattia, assumendo rilievo da un punto di vista amministrativo-previdenziale. E quindi:
a) nell'ipotesi di un prolungamento dello stato morboso, il lavoratore provvede a farsi rilasciare dal medico uno o più certificati di continuazione, solo a fronte dei quali è possibile il riconoscimento, per l'ulteriore periodo di incapacità temporanea, della tutela per malattia;
b) nel caso di guarigione anticipata, l'interessato deve chiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro.

Obblighi delle parti – La rettifica della data di fine prognosi, per guarigione anticipata, costituisce un obbligo per il lavoratore, sia nei confronti del datore, ai fini della ripresa anticipata dell'attività, che nei confronti dell'Inps, considerato che, mediante la presentazione del certificato, viene avviata l'istruttoria per il riconoscimento della prestazione previdenziale senza necessità di presentare alcuna specifica domanda (ad eccezione di quanto previsto dal D.M. 12 gennaio 2001 per i lavoratori iscritti alla Gestione separata). Il certificato, pertanto, per i lavoratori cui è garantita la tutela in esame, assume, di fatto, il valore di domanda di prestazione. Nel dettaglio la circolare precisa poi quanto esposto nella tabella che segue.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©