Rapporti di lavoro

«Urgente l’equo compenso»

di Mauro Pizzin

«Nel momento in cui lo Stato ci attribuisce sempre di più un ruolo sussidiario, affidandoci nuove responsabilità e spingendoci a nuovi investimenti, la questione dell’equo compenso diventa per noi sempre più impellente». Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Marina Calderone, che sta guidando il nono congresso nazionale in corso a Napoli, non fa sconti al Governo su un tema caldo per i professionisti.

Presidente Calderone, anche a Napoli affronterete il tema dell’equo compenso e della dignità professionale: con lo statuto degli autonomi che sta per diventare legge si aspettava un intervento di maggior spessore?

Il Jobs act degli autonomi rappresenta un punto di partenza. È importante, certo, che nel nuovo testo normativo venga dato rilievo al fatto che il professionista spesso non è un soggetto forte nei confronti del committente, tutelandolo a livello di reddito, del rispetto della tempistica dei pagamenti o in caso di apposizione di clausole vessatorie. Noi consulenti avevamo fatto, però, rilevare l’importanza di ampliare il tema all’equo compenso, da tutelarsi costituzionalmente come avviene per tutti gli altri lavoratori. Un elemento tanto più importante quanto più lo Stato ci attribuisce un ruolo di sussidiarietà. Faccio un esempio: nel caso di utilizzo in compensazione del credito Iva, dopo la riduzione da 15mila a 5mila euro della soglia entro cui diventa obbligatorio il visto di conformità da parte di un professionista abilitato, questo adempimento comporterà aumenti dei costi delle nostre polizze di responsabilità civile. Ecco, in un caso come questo, se manca uno strumento regolatorio del compenso che permetta di assorbire questo differenziale ci sarà un inevitabile aggravio dei costi a nostro carico.

Il congresso di Napoli si intitola «I nuovi scenari della professione tra opportunità e regole». Come definirebbe lo stato di salute della categoria?

Il bilancio è senz’altro positivo. Nonostante la crisi, la categoria ha aumentato il numero delle aziende assistite, che secondo i dati Inps sono ormai un milione e mezzo, a conferma che i nostri clienti ritengono la figura del consulente del lavoro insostituibile e irrinunciabile.

L’amministrazione del personale resta la core activity dei consulenti, ma emerge un progressivo allargamento delle aree d’intervento.

È vero che la gestione paghe resta la nostra attività core, ma già ora si integrano altre componenti legate e nuovi servizi e funzioni su cui noi dobbiamo spingere.

Qual è il settore su cui puntare di più?

Quello legato alla gestione delle risorse umane e della fiscalità d’impresa, con la possibilità di fornire una consulenza strategica nell’individuare misure per la crescita. Importante sarà anche l’attività di asseverazione della correttezza contributiva: la nostra piattaforma Asse.Co. dovrà svilupparsi nel tempo come strumento di lavoro. Penso soprattutto alle possibilità d’intervento nella filiera degli appalti, dove la nostra piattaforma potrebbe valorizzare le aziende che scelgono di essere virtuose.

Nel congresso una tavola rotonda sarà dedicata al tema della concorrenza. Come categoria vi sentite nel mirino?

Che il fenomeno dell’abusivismo professionale sia presente non solo nella mia categoria, ma un po’ in tutte quelle dell’area giuridica economica è un fatto. La sfida maggiore si affronta sul segmento delle attività più tradizionali, legate agli adempimenti, con le multinazionali del cedolino che sono competitori importanti e i centri elaborazioni dati, estranei al circuito professionale. Ma si tratta di una concorrenza che può essere fatta sul prezzo e sull’adempimento, molto più difficilmente su strumenti che implicano un supporto professionale più qualificato. Credo che la concorrenza la si vinca prima di tutto con la qualità professionale. Ecco perché puntiamo sempre più sulla formazione, non solo continua ma come specializzazione delle competenze.

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