Rapporti di lavoro

A gennaio crescono i contratti stabili ma più domande di disoccupazione

di Claudio Tucci

Il mercato del lavoro attraversa una fase di assestamento: la fine della decontribuzione generalizzata targata Jobs act si sta facendo sentire, e a gennaio di quest’anno (primo mese in cui sono in vigore i soli incentivi mirati al Sud e per chi assume studenti in alternanza) i contratti a tempo indeterminato, ha reso noto ieri l’Inps, sono calati del 9% (rispetto a gennaio 2016). Il saldo (attivazioni meno cessazioni) dei nuovi rapporti fissi è rimasto comunque positivo (+31.768 contratti - siamo ai livelli di gennaio 2016, ma molto distanti dai +82.244 rapporti stabili registrati a gennaio 2015, data di inizio della decontribuzione piena introdotta da Renzi-Poletti, poi ridotta ed esauritasi a dicembre 2016).

È proseguito il calo, piuttosto sostenuto, delle ore autorizzate di cassa integrazione (il Jobs act ne ha rivisto causali e durate, rendendola inoltre più onerosa per le aziende), -41% a febbraio su febbraio 2016. In controtendenza, invece, le domande di disoccupazione (la mobilità è uscita di scena a dicembre): a gennaio ne sono state presentate 162.714, in crescita dell’8,5% rispetto alle 150.001 istanze inoltrate a gennaio 2016 (e in aumento anche nel congiunturale rispetto alle 137.155 domande di dicembre 2016).

La tracciabilità dei voucher, introdotta lo scorso ottobre, sta (o sarebbe meglio dire stava, dopo il decreto legge del governo che ha cancellato tutto il lavoro accessorio) producendo effetti positivi: a febbraio 2017 i buoni venduti si sono fermati a 9,1 milioni (-4,9% nel confronto tendenziale).

I contratti a termine hanno ripreso a crescere (+13,5% di nuove assunzioni a gennaio - nonostante l’aggravio di costi per i datori); ed è continuato l’incremento dell’apprendistato (+20,2% - qui hanno inciso le prime semplificazioni introdotte da Giuliano Poletti nel 2014 e i robusti incentivi sul “duale” rivolto essenzialmente agli studenti).

Il punto è che la crescita stenta a decollare, «ma il saldo dei contratti a tempo indeterminato resta positivo anche a gennaio, e questo è un segnale incoraggiante – ha evidenziato l’economista del Lavoro, Carlo Dell’Aringa –. Certo, le difficoltà rimangono tante, e larga fetta dell’industria è ancora in affanno alle prese con complicati processi di riorganizzazione per uscire dalla crisi. In attesa di una economia che riprenda a correre, nel medio-breve periodo serve ridurre, in modo consistente, il costo del lavoro: solo così ci potrà essere una crescita più vivace dell’occupazione». D’accordo il numero uno di Anpal, Maurizio Del Conte: «Sono convinto che un intervento strutturale sul cuneo sia più che necessario: in una prima fase si potrebbe concentrare su platee specifiche, per esempio i giovani».

Del resto, la strada tracciata dal Jobs act (tutele crescenti e incentivi al lavoro stabile) ha prodotto risultati: nel 2016 i contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni dei rapporti a termine) che hanno beneficiato dello sgravio biennale, e ridotto al 40%, sono stati 615mila (nel 2015 si superava il milione). La percentuale di nuovi ingressi fissi sul totale dei contratti attivati/variati si è fermata, a gennaio, al 28,9% (quasi il doppio del 2014, prima della riforma, ma circa 10 punti in meno rispetto al 38,6% del 2015).

Le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato sono scese del 9,2%: la voce licenziamenti (46.900, il dato assoluto) ha subito un modesto incremento rispetto a gennaio 2016 (46.100), frutto della crescita dei licenziamenti per cambio appalto e di quelli disciplinari (nelle aziende con più di 15 dipendenti sono stati 32.232, +31% rispetto ai 24.595 registrati nel 2016). Su questo dato pesa il crollo delle dimissioni (-14% nel confronto tendenziale), per effetto della nuova procedura telematica (complessa) in vigore da marzo 2016.

I sindacati restano preoccupati: la crisi non smette di mordere, ha sottolineato la Uil: «Per questo bisogna rivedere le regole sugli ammortizzatori sociali». Ed è fondamentale, inoltre, il rapido decollo delle politiche attive, ha aggiunto Gigi Petteni (Cisl): «L’invio delle prime 30mila lettere per la ricollocazione dei percettori di Naspi è un inizio, molto limitato. Si deve andare velocemente a regime per costruire un mercato del lavoro inclusivo».

La mappa dei contratti

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