Rapporti di lavoro

Con lo «Statuto» più diritti e tutele per gli autonomi

di Maurizio Del Conte

Il Jobs Act, per la prima volta dopo circa due decenni di riforme orientate alla moltiplicazione delle forme contrattuali del lavoro, ha semplificato il quadro normativo riportando al centro del sistema il contratto di lavoro subordinato. Per conseguenza sono state eliminate alcune forme contrattuali non standard, troppo spesso utilizzate in funzione elusiva, come il lavoro a progetto e l’associazione in partecipazione con conferimento di prestazione di lavoro; o di scarsa utilità pratica, come il lavoro ripartito.

Parallelamente è stato affrontato l’annoso problema rappresentato da quella vasta zona “grigia” di contratti che, sotto la mentita veste di collaborazioni autonome, nascondono in realtà un lavoro privo di ogni autonomia organizzativa nel rendere la prestazione: un mondo parallelo fatto di finto lavoro autonomo, per lo più popolato da giovani disponibili a un lavoro purchessia, pagati una frazione dei minimi previsti dai contratti collettivi e impropriamente utilizzati dalle imprese come quota variabile della propria dimensione occupazionale.

Di fronte a questa platea di lavoratori atipici e ontologicamente precari si poteva agire in due diverse direzioni: riconoscere loro uno statuto speciale, in qualche modo proseguendo nel modello del cosiddetto “lavoro a progetto”, magari introducendo qualche nuova forma di tutela, ma confermandone definitivamente la segregazione in un “tertium genus” ibrido, oppure - più semplicemente - ampliare l’area di copertura dell’intera disciplina del lavoro subordinato fino a ricomprenderli. La scelta compiuta con il Dlgs n. 81 del 2015 va in questa seconda direzione.

Con l’estensione della disciplina del lavoro subordinato anche a quei “collaboratori” che siano, di fatto, strutturalmente inseriti nella organizzazione produttiva dell’impresa, il nostro ordinamento supera l’ipocrisia di una parasubordinazione fatta di lavoratori autonomi sulla carta, ma subordinati nella sostanza.

Una volta compiuta questa operazione di pulizia della zona spuria fra autonomia e subordinazione, rimane da compiere un ulteriore passo, sinora mai compiutamente realizzato nel nostro paese: proteggere, valorizzare e incentivare il lavoro genuinamente autonomo.

Perciò con il Ddl che arriva ora in Senato, e che disciplina anche lo smart working, si introduce un vero e proprio «Statuto dei diritti e delle tutele dei lavoratori autonomi», che non è una imitazione in scala ridotta dei diritti tipici del lavoro subordinato, ma che, al contrario, valorizza e protegge le specificità proprie della autonomia di organizzazione e gestione della attività professionale, sostenendo tutti coloro - in particolare i giovani - che vogliono mettersi in proprio facendo valere il proprio patrimonio di competenze professionali.

Le principali linee di indirizzo lungo le quali si sviluppa il provvedimento sono le seguenti:

tutela nel contratto con il committente contro clausole contrattuali abusive nei confronti del lavoratore autonomo (modifiche unilaterali delle condizioni del contratto, recesso unilaterale, termini di pagamento eccessivi), tutela contro i ritardi nel pagamento dei compensi, riconoscimento dei diritti di proprietà intellettuale al lavoratore autonomo;

tutela nel mercato del lavoro, con una serie di strumenti messi a disposizione dalle istituzioni pubbliche ma anche con il concorso di soggetti privati, che favoriscono sia l’orientamento nel mercato del lavoro che l'accesso a opportunità di lavoro, anche verso le Pubbliche Amministrazioni;

allargamento e rafforzamento dei diritti previdenziali e di assistenza, che spazia dalla malattia e infortunio, maternità, congedi parentali, ad altre forme di welfare su base mutualistica a protezione del reddito in caso di la perdita di lavoro e garanzia di una più robusta copertura previdenziale;

alleggerimento dell’onere fiscale e stimolo al lavoro autonomo di qualità, con l’ampliamento delle deduzioni fiscali per la formazione e lo sviluppo della professione.

L’operazione di semplificazione del lavoro subordinato di cui si è detto non era affatto scontata; e al tempo stesso, non era facile, ampliare diritti e tutele ai lavoratori autonomi genuini, che sono strategici per la parte più avanzata del tessuto economico e produttivo del Paese.

Infatti, nel lavoro indipendente si concentra una quota importante delle professionalità a più alto valore aggiunto, che garantisce anche alle imprese medio-piccole le competenze specialistiche necessarie al continuo processo di innovazione tecnologica e organizzativa.

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