Rapporti di lavoro

Fallimenti, dal 2017 transazione anche per i debiti contributivi

di Silvano Imbriaci

La legge di bilancio per il 2017 (Legge n. 232 del 11 dicembre 2016) interviene sull'art. 182 ter della legge fallimentare riscrivendolo e modificandone, in modo significativo, anche l'intestazione: non più Transazione Fiscale ma un più generale Trattamento dei crediti tributari e contributivi.

La norma prevede un testo parzialmente diverso (al I comma) a quello dell'art. 182 ter in vigore e la grossa novità consiste nella previsione, nell'ambito del concordato preventivo o negli accordi di ristrutturazione dei debiti, della transazione fiscale anche per i debiti aventi ad oggetto l'IVA o le ritenute omesse, e conseguentemente nella fissazione di un limite alla falcidia, valido anche per le transazioni in materia contributiva. In precedenza, infatti, l'imposta sul valore aggiunto e le ritenute operate e non versate potevano essere oggetto, nella proposta, solo di dilazione. Sul punto anche la Cassazione aveva più volte precisato che nel caso di domanda di concordato preventivo ricomprendente anche crediti IVA, l'imprenditore non poteva offrire il pagamento di tali crediti in misura falcidiata, proprio per la presenza del chiaro disposto normativo che, con previsione già ritenuta costituzionalmente legittima perché configurante il limite massimo di espansione della procedura transattiva compatibile con il principio di indisponibilità del tributo, ne consentiva la sola dilazione (cfr. Cassazione civile, sez. I, 22/09/2016, n. 18561). Tale disciplina era stata portata all'attenzione della Corte di Giustizia, che con sentenza 7 aprile 2016 (C-546/14, Degano Trasporti sas) aveva precisato che l'art. 4 par.3 TUE e gli artt. 2, 250 par.1 e 273 Direttiva 2006/112/CE (sistema comune d'IVA) non erano ostativi rispetto a una normativa nazionale, come quella italiana, interpretata nel senso che un imprenditore in stato di insolvenza avrebbe potuto presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo, al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la proposta di pagare solo parzialmente un debito dell'imposta sul valore aggiunto attestando, sulla base dell'accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non avrebbe ricevuto un trattamento migliore nel caso di proprio fallimento. La modifica normativa va in questa direzione, e indubbiamente si propone di rimuovere un residuo ostacolo ad una maggiore estensione nell'applicazione delle procedure di concordato, il cui utilizzo spesso è stato frenato proprio dalla impossibilità di accedere ad un piano di riduzione dei debiti IVA e per ritenute. Nel testo attuale la norma prevede dunque la possibilità per il debitore nell'ambito della presentazione del piano di cui all'art. 160 l. f. (concordato preventivo – ma anche nell'ambito delle trattative che precedono la stipulazione dell'accordo di ristrutturazione ex art. 182- bis) di chiedere all'amministrazione finanziaria il pagamento parziale o anche dilazionato dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi previdenziali amministrati dagli enti di previdenza. Questo purché il piano preveda la soddisfazione di tali crediti in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, secondo il valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione di un professionista. In altre parole, il debitore ha l'obbligo di depositare, insieme con la proposta di concordato o nell'ambito delle trattative che precedono la conclusione dell'accordo di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis della legge fallimentare, una relazione redatta da un professionista abilitato nella quale si evidenzi che la soddisfazione del credito erariale proposta dal debitore non sia inferiore al valore di mercato dei beni gravati dal privilegio. E' questo il limite oltre il quale non può essere accettata (proposta) la falcidia del credito erariale e contributivo. Rimane invariata la regola secondo cui qualora il credito tributario o contributivo sia assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi omogenei a quelli delle agenzie o degli enti. La disciplina dettata dall'art. 182 ter riguarda anche i crediti contributivi. Quindi anche per questa tipologia di crediti, che porta con sé numerose questioni legate alla fisiologica indisponibilità dell'obbligazione contributiva, la norma introduce espressamente la possibilità di una falcidia, con il limite rappresentato da quanto in astratto realizzabile in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione (e comunque con il supporto della relazione del professionista). Con l'avvertenza che comunque il trattamento dei crediti contributivi privilegiati non può mai essere deteriore rispetto a quello riservato ai crediti muniti di privilegio di grado inferiore, e fatta salva la necessità, in caso di pagamento del credito contributivo (o tributario) privilegiato in misura parziale, di inserire la quota di credito degradata al chirografo in un'apposita classe.

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