L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Luogo della prestazione fuori dalla sede aziendale

di Rossella Quintavalle

La domanda

Nel contratto di assunzione di un addetto manutenzioni è scritto: il luogo di lavoro è la sede aziendale, il lavoratore si impegna ad effettuare trasferte quando necessita, le spese sostenute saranno rimborsate a piè di lista. Ccnl Terziario. Il lavoratore svolge la sua mansione quasi totalmente fuori dal territorio comunale della sede aziendale; 1/2 giorni al mese resta in azienda. L'azienda eroga un'indennità giornaliera di trasferta di 23 euro, più rimborso spese a piè di lista: carburante del furgone, vitto e/o alloggio. E' trasferta o trasfertista? Nel caso sia trasfertista come dobbiamo trattare ai fini contributivi e fiscali l'indennità di 23 euro giornaliere e gli importi rimborsati delle spese di carburante, vitto e alloggio?

Quando il lavoratore è comandato ad effettuare le proprie prestazioni di lavoro al di fuori dalla sede di lavoro, ci si può trovare ad operare nell’ambito dell’articolo 51 TUIR comma 5 in caso si tratti di trasferta, ovvero comma 6 quando si tratti di un “trasfertista”, ma il confine per individuare l’una o l’altra fattispecie non sempre è facile ed influisce sulla differente disciplina contributiva e fiscale applicabile. La problematica inerente la qualificazione del “trasfertista” conduce a parecchi dubbi applicativi ed è stata oggetto di numerose interpretazioni nonostante i chiarimenti intervenuti a suo tempo con circolare n. 326/e del 23/12/1997 che ha identificato i “trasferisti” come “quei lavoratori tenuti per contratto all’espletamento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, ai quali, in funzione delle modalità di svolgimento dell’attività, vengono attribuite delle somme non in relazione ad una specifica trasferta …... un’indennità o una maggiorazione non precisamente legata alla trasferta in quanto viene attribuita, per contratto, per tutti i giorni retribuiti, senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta”. Il lavoratore, viceversa, si considera in trasferta quando l’attività svolta al di fuori della propria sede di lavoro, abbia le caratteristiche della occasionalità/temporaneità, con l’applicazione, in tal caso, per ogni singola trasferta, del comma 5 dell’articolo 51 TUIR 917/86 , distinguendo il trattamento fra tre diversi sistemi, alternativi tra loro, di applicazione della norma (indennità forfettaria, rimborso analitico o rimborso misto). Il comma 6 dell’articolo 51 del TUIR 917/86 interessa, diversamente, la figura del “trasfertista” e prevede una riduzione del 50% della base imponibile sulle indennità o maggiorazioni di retribuzione attribuite ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità. In virtù del principio dell’armonizzazione delle basi imponibili fiscali e contributive, i limiti di esenzione sono validi sia ai fini fiscali sia ai fini contributivi. Ad oggi identificare il lavoratore “trasfertista” non è propriamente semplice, stante la mancata emanazione del decreto interministeriale che avrebbe dovuto individuare le categorie di lavoratori e le condizioni di applicabilità della disposizione in questione, come previsto all’ultimo periodo del comma 6 dell’articolo 51 TUIR. Nelle more dell’emanazione dell’atteso decreto, per distinguere tra le due casistiche ci si deve rifare alle circolari dell’Agenzia delle Entrate (326/E del 23/12/1997), del Ministero del Lavoro (nota n. 8287 20.06.2008) e dell’INPS (messaggio 27271 del 5/12/2008), e alle interpretazioni fornite nel tempo dalla giurisprudenza. L’Inps nel messaggio n. 27271 del 5/12/2008, in assenza di una diversa previsione normativa, ha ribadito quanto indicato dalla Circolare n. 326/97 affermando che ai fini dell'applicabilità del regime contributivo e fiscale di cui al comma 6 dell'art. 51 del TUIR, è necessaria la contemporanea sussistenza delle seguenti condizioni: 1. la mancata indicazione nel contratto e/o lettera di assunzione della sede di lavoro intendendosi per tale il luogo di svolgimento dell'attività lavorativa e non quello di assunzione (quest'ultimo, infatti, può non coincidere con quello di svolgimento del lavoro); 2. lo svolgimento di una attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente (ossia lo spostamento costituisce contenuto ordinario della prestazione di lavoro); 3. la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, vale a dire non strettamente legata alla trasferta poiché attribuita senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove si è svolta la trasferta. L’Istituto nel messaggio conclude asserendo che “pertanto, in assenza di uno specifico provvedimento che dirima ogni dubbio circa la categoria di lavoratori da considerare trasfertisti, ai fini dell'applicabilità del regime contributivo di cui al comma 6 dell'art. 51 del T.U.I.R., è necessaria la sussistenza di tutte le condizioni sopradescritte.” Tuttavia, la più recente giurisprudenza sembra essere di diverso avviso e, in considerazione e nel rispetto di quanto stabilito nel TUIR, definisce “trasfertista” quel lavoratore che si impegna per contratto a prestare la propria opera in luoghi sempre diversi senza necessità che l’indennità sia corrisposta in misura fissa e continuativa, anche indipendentemente dalla effettuazione della trasferta e dal tipo di essa; affinché l’importo corrisposto a tale titolo sia considerato importo agevolato, risulta essenziale la modalità di esercizio dell’attività lavorativa. Diversamente, è considerata trasferta un cambiamento provvisorio del luogo abituale di svolgimento delle mansioni (Corte di Cassazione n. sentenza n.22796 del 7/10/2013 che conferma quanto affermato nella sentenza n. 396 del 13.1.2012). Si mette inoltre in evidenza che per il lavoratore inquadrato come “trasfertista” con corresponsione dell’indennità o maggiorazione agevolata al 50%, le eventuali spese rimborsate non potranno fruire dell’esenzione in quanto la riduzione dell’imponibile al 50% non è compatibile con l’esenzione totale delle spese sostenute (per il verificarsi di una doppia agevolazione). Ciò non toglie che per determinati diversi incarichi svolti in località occasionalmente affidate, diverse dai territori eventualmente assegnati come trasfertista, possano sussistere le condizioni per l’erogazione della trasferta e applicazione del relativo trattamento previsto al comma 5 dell'art. 51 del TUIR. Sarà dunque da verificare, sulla base di quanto indicato in precedenza, se trattasi effettivamente di “trasfertista” con il conseguente pagamento dell’indennità che remunera anche le spese sostenute, o di lavoratore in trasferta con possibilità di restituzione in esenzione delle spese rimborsate. Tutto ciò premesso, venendo al caso proposto nel quesito, il CCNL del Terziario non prevede specificatamente tale figura di lavoratore, né una voce di maggiorazione retributiva specifica. Vi è inoltre da notare che la stessa lettera di assunzione del dipendente fa riferimento ad una sede stabile di lavoro e alla eventualità di trasferte (“quando necessario”) pertanto tenuto conto della prassi amministrativa e dal tenore della stessa sarebbe da applicarsi il sistema delle trasferte come specificatamente declinato all’articolo 167 del CCNL ed in tal caso, in presenza di rimborso misto, l'indennità giornaliera di 23 euro sarà esente solo nel limite di 15,49 euro se rimborsati anche il vitto e l'alloggio, oppure nel limite di 30,98 euro nel caso sia rimborsato solo vitto o alloggio. Ma, in attesa del decreto che individui le categorie dei “trasfertisti” e ponga fine all’annosa questione, se effettivamente le modalità di esercizio dell’attività lavorativa, come indicato, sono di “trasfertista”, a parere di chi scrive sarebbe opportuna una modifica degli accordi iniziali (formalizzati nella lettera di assunzione) in linea con la reale modalità di svolgimento del lavoro, ossia specificando ad esempio l'assenza di una individuata sede di lavoro, e con il riconoscimento di una indennità o maggiorazione retributiva soggetta a imposizione fiscale e contributiva al 50%, relativamente alla quale non esiste nel CCNL in esame un importo predeterminato né minimo, né massimo, ma da stabilire in misura equa.

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