Rapporti di lavoro

Il patto di non concorrenza si paga

di Massimo Battazza

L’articolo 1751 bis, comma 2 del Codice civile, introdotto dall’articolo 23 legge 422/2000 prevede che «L’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale». Dal 1° giugno 2001 il patto di non concorrenza in materia agenziale è pertanto divenuto tipicamente oneroso. La Corte di cassazione con la sentenza 12127/2015 ha enunciato due importanti principi di diritto in materia:

la nuova disciplina, in assenza di norme transitorie, non può trovare applicazione a quei patti che, pur essendo destinati a produrre i propri effetti successivamente al 1° giugno 2001, sono stati conclusi anteriormente a tale data;

la naturale onerosità del patto di non concorrenza non è inderogabile.

I due principi enunciati dalla Suprema corte sono tra loro strettamente connessi, in quanto entrambi risentono della ritenuta non imperatività del “nuovo” articolo 1751 bis del Codice. Infatti, se la norma che impone l’obbligo di pagamento di una indennità a favore dell’agente commerciale fosse ritenuta di natura imperativa, essa si applicherebbe anche a quei patti che, pur stipulati prima della sua entrata in vigore, non avessero ancora esaurito i propri effetti a quella data; e ciò non per una applicazione “retroattiva” della nuova norma ma per la sua sostituzione automatica con la difforme clausola contrattuale, analogamente a quanto statuito, ad esempio, in materia di fideiussione omnibus (in relazione alla quale la Suprema corte ha dichiarato la nullità sopravvenuta delle convenzioni o delle clausole in contrasto con la legge 154/1992). Con la sentenza 12127/2015 la Suprema corte ha escluso la natura inderogabile dell’articolo 1751 bis, comma 2, del Codice civile in quanto norma non presidiata da una sanzione di nullità espressa; non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale.

La motivazione adottata dalla Suprema corte non pare, tuttavia, inattaccabile. L’assenza di sanzione di nullità è sostanzialmente neutra, in quanto essa non vale ad affermarne la derogabilità, stante che l’ipotesi di nullità del contratto per contrarietà a norme imperative si verifica indipendentemente da una espressa comminatoria della sanzione di nullità nei singoli casi. Il vero punctum dolens attiene pertanto al profilo di tutela di un interesse pubblico generale. Tuttavia, come chiarito anche recentemente dalla Suprema corte (Sezioni unite 26242/ 2014), ciò non significa peraltro che non possano ritenersi imperative anche quelle norme che, pur destinate espressamente alla tutela del singolo soggetto, sottendano un ulteriore e diverso significato costituito dall’interesse dell’ordinamento a che certi suoi principi cardine (quali la buona fede, la tutela del contraente debole, la parità di condizioni nelle asimettrie economiche sostanziali) non siano comunque violati.

Il nuovo testo dell’articolo 1751 bis ha, per certi versi, equiparato sul piano sostanziale la figura dell’agente di commercio a quella del lavoratore subordinato. La ratio protettiva di tale modifica normativa è infatti da ricercare nella necessità di garantire, anche all’agente di commercio, una indennità, non solo nel caso in cui egli sia incolpevolmente rimasto senza lavoro, ma anche nel caso in cui egli sia costretto a non svolgere la propria attività nel periodo immediatamente successivo alla cessazione del rapporto. Ciò è tanto vero che il legislatore ha circoscritto l’operatività dell’articolo 1751 bis, comma 2, Cc. «esclusivamente agli agenti che esercitano in forma individuale, di società di persone o di società di capitali con un solo socio, nonché, ove previsto da accordi economici nazionali di categoria, a società di capitali costituite esclusivamente o prevalentemente da agenti commerciali» e non per quegli agenti (per esempio costituiti in Spa) che possono contare su un potere contrattuale non inferiore a quello del preponente o che, per la loro struttura organizzativa, non possono risentire delle limitazioni di operatività.

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