Rapporti di lavoro

Carta blu Ue: un protocollo per agevolare l’ingresso degli stranieri altamente qualificati

di Alberto Rozza

Le imprese aderenti a Confindustria che intendono richiedere l'ingresso in Italia di stranieri residenti all'estero altamente qualificati per motivi di lavoro dovranno autocertificare la propria capacità economica necessaria a far fronte agli oneri relativi all'assunzione.
Il ministero dell'Interno, in data 20 giugno 2016, ha siglato con Confindustria un protocollo d'intesa che consente alle imprese associate di accedere, con specifiche credenziali rilasciate dal prefetto territorialmente competente, al Sistema Informativo dello Sportello Unico per l'immigrazione per trasmettere telematicamente la proposta di contratto di soggiorno per il lavoratore straniero residente all'estero altamente qualificato così come previsto dall'articolo 27-quater del D.lgs. 286/1998.
Come si ricorderà, il Dlgs 108/2012 che ha dato attuazione alla direttiva 2009/50/CE, ha inserito nel Testo Unico sull'immigrazione l'articolo 27-quater che disciplina un particolare permesso di soggiorno denominato Carta blu Ue riconosciuto ai lavoratori stranieri altamente qualificati.
La finalità che il legislatore europeo ha inteso perseguire con la direttiva è duplice: da un lato agevolare l'ingresso e il soggiorno dei lavoratori in possesso di professionalità particolarmente rilevanti, molto ricercati dalle aziende, evitando le lunghe trafile burocratiche previste in generale per gli stranieri extra Ue che vogliono svolgere un'attività lavorativa e dall'altro semplificare per i datori di lavoro l'impiego di lavoratori altamente qualificati per migliorare la produttività e quindi essere maggiormente competitivi sul mercato, incrementando in questo modo indirettamente anche l'occupazione.
Con il recepimento della direttiva 2009/50/Ce viene così superato quell'ostacolo in cui si sono imbattute diverse aziende che avevano intenzione di assumere personale altamente qualificato, dipendenti di imprese straniere, non collegate da un rapporto societario con la realtà italiana ma semplicemente da rapporti commerciali.
Infatti, sino al recepimento della predetta direttiva, il personale dirigente o altamente qualificato poteva fare ingresso in Italia senza passare attraverso il decreto flussi soltanto ai sensi dell'articolo 27, c.1 lett. a) del Testo Unico immigrazione che disciplina solo i casi di distacco di lavoratori tra società italiane e straniere, tutte comunque facenti parte dello stesso gruppo societario.
Adesso la singola impresa, aderendo al protocollo citato, si obbliga a rispettare le prescrizioni del contratto collettivo di lavoro di categoria per ogni lavoratore per cui richiede l'ingresso ai fini della prestazione di lavoro qualificato e autocertifica la capacità necessaria per far fronte a tutti gli oneri relativi.
Spetta sempre all'impresa interessata garantire che i lavoratori siano in possesso del titolo di istruzione superiore rilasciato dall'autorità competente nel Paese dove è stato conseguito, che attesta il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa dichiarazione di valore, rilasciata dalla competente autorità consolare e verificata all'atto del rilascio del visto.
La proposta contrattuale deve riguardare qualifiche professionali rientranti nei livelli 1, 2 e 3 della classificazione Istat delle professioni CP 2011 e successive modificazioni.
Inoltre, spetta sempre all'impresa attestare che vi sia il riconoscimento delle qualifiche professionali per le professioni regolamentate, ai sensi del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 206.
All'atto della sottoscrizione del contratto di soggiorno presso lo Sportello Unico per l'immigrazione l'impresa dovrà esibire la dichiarazione di valore del titolo di istruzione superiore di durata almeno triennale o il riconoscimento della qualifica professionale per le professioni regolamentate.
L'impresa dovrà prestare particolare attenzione alla dichiarazione di valore. Infatti, se il titolo di istruzione non riveste i prescritti requisiti, non potrà essere sottoscritto il contratto di soggiorno, né potrà essere rilasciato il permesso di soggiorno e il visto d'ingresso già concesso verrà annullato. In questo caso l'impresa sarà tenuta al pagamento delle spese per il rientro del lavoratore nel paese di origine.
L'impresa associata deve dichiarare, inoltre, che il proprio rappresentante legale non si trova nelle condizioni di cui al comma 10 dell'articolo 27-quater del Testo Unico Immigrazione (condanna negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva, per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite; intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell'articolo 603-bis codice penale; aver occupato alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato).
Infine l'impresa associata autocertifica la propria capacità economica necessaria per far fronte a tutti gli oneri relativi all'assunzione in Italia del personale richiesto e, in particolare, la capacità economica di corrispondere l'importo dello stipendio annuale lordo, come ricavato dal contratto di lavoro, che non deve essere inferiore al triplo del livello minimo previsto per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.

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