Rapporti di lavoro

Dimissioni telematiche solo per i dipendenti privati: una tesi criticabile

di Antonio Carlo Scacco

Il 3 giugno il ministero del Lavoro ha aggiunto, sul sito www.cliclavoro.gov.it , le risposte a tre ulteriori Faq (domande ricorrenti) circa le nuove dimissioni telematiche. La prima, quella di maggiore interesse, ribadisce l'ambito applicativo della procedura ai soli rapporti di lavoro privato, a prescindere dalla natura del datore di lavoro: ne segue la sua applicazione alle dimissioni ed alle risoluzioni consensuali presentate dai lavoratori di una società privata, anche se a partecipazione pubblica totalitaria.

La posizione ministeriale, che non trova conferme letterali nella norma (articolo 26 del decreto legislativo 151/2015), fu espressa già nella circolare 12/2016 del ministero, motivando (in modo piuttosto singolare) sulla base della supposta ratio dell'intervento normativo. Si disse in quella occasione che poiché lo scopo è quello di contrastare le dimissioni in bianco e tale pratica «non risulta presente nell'ambito dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni», conseguentemente la procedura non si applica.

In una precedente occasione lo stesso dicastero (interpello 35/2012), in risposta a un quesito sulla compatibilità della (abrogata) procedura prevista dalla legge Fornero in materia di dimissioni ai rapporti di lavoro pubblici, non ne aveva espressamente escluso la applicabilità. Si leggeva anzi nella nota: «...la disciplina in questione trova applicazione anche con riferimento al personale contrattualizzato alle dipendenze della pubblica amministrazione» ma in funzione, si precisava immediatamente dopo, «di quadro regolatorio programmatico e di indirizzo», da attuare e precisare con specifici provvedimenti.

Quindi in linea di principio disco verde alla applicabilità della procedura al lavoro pubblico, ma solo dopo l’approvazione di specifici provvedimenti attuativi (scelta praticamente obbligata vista la definizione delle disposizioni normative contenute nella legge 92/2012 quali «principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni»).

Le considerazioni espresse dal Ministero circa la applicabilità della nuova procedura telematica ai soli rapporti di lavoro privati possono essere criticate anche sotto altri profili. Già nelle circolari 4 e 25 marzo 2008, diffuse a commento del decreto interministeriale 21 gennaio 2008 adottato in base alla legge 188/2007 e recante l’adozione del modulo di dimissioni volontarie, si ribadiva correttamente che «la norma si applica a tutti i datori di lavoro» e che «nessuna eccezione viene contemplata, né con riguardo alla natura giuridica, né con riferimento al settore economico di appartenenza», deducendone pertanto la piena applicabilità anche alle dimissioni presentate dai dipendenti delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici.

Considerazioni che potrebbero essere trasposte, senza necessità di particolari adattamenti, al nuovo articolo 26 del decreto legislativo 151/2015. A ciò si aggiunga che la ratio della ormai abrogata legge 188/2007 era esattamente sovrapponibile alla ratio della norma recentemente licenziata dal legislatore delegato (la necessità di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco).

La posizione ministeriale appare, pertanto, difficilmente sostenibile in assenza di interventi normativi a sostegno, con tutti i rischi potenzialmente conseguenti (le dimissioni presentate dal pubblico dipendente al di fuori della nuova procedura potrebbero essere dichiarate inefficaci a seguito di un eventuale contenzioso).

Le altre due risposte a FAQ (nn. 42 e 43) chiariscono che i moduli in lingua tedesca sono utilizzabili alla stregua di quelli in lingua italiana e che la procedura può essere effettuata da un tutore per conto di un lavoratore divenuto “incapace” ma solo a condizione che il relativo provvedimento del Tribunale lo consenta.

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