Rapporti di lavoro

Il Jobs act degli autonomi dimentica la dipendenza economica

di Antonio Carlo Scacco

La definizione residuale del lavoro autonomo desumibile dall'articolo 2222 del codice civile, ossia tutte le prestazioni lavorative prive del vincolo della subordinazione, non è di grande ausilio all'interprete che cerca di delinearne confini certi e gli ambiti applicativi. Si avverte l'esigenza di introdurre nel settore nuove forme di promozione e di garanzia, ma la risposta non può essere unitaria.

In taluni casi il lavoro autonomo richiederebbe maggiore concorrenza (professionisti ordinistici), in altri maggiori tutele, anche di tipo organico e basilare, trovandosi il lavoratore in oggettive condizioni di inferiorità rispetto al committente (ad esempio piccole collaborazioni, free lance). Un approccio graduale basato su tutele a “cerchi successivi o concentrici” era già contenuto nel Rapporto Supiot del '98, ma una metodologia del genere può essere fattibile ed efficace solo se parametrata a criteri oggettivi e facilmente identificabili. Tali parametri sono già stati oggetto di elaborazione a livello europeo in sede di identificazione della nozione di “lavoratore autonomo economicamente dipendente”(si veda per esempio il parere d'iniziativa del Comitato economico e sociale europeo del 2011).

Tale figura, da non confondere con quella del “falso lavoratore autonomo”, corrisponde al lavoratore che, pur essendo autonomo, ossia non tenuto a seguire le direttive del datore/committente, si trova tuttavia in condizioni di dipendenza economica rispetto a questi e necessita, pertanto, di opportune tutele predisposte dall'ordinamento.

In ambito europeo solo alcuni Stati membri hanno ritenuto di riconoscere giuridicamente lo status di lavoratore autonomo economicamente dipendente. In Germania, ad esempio, si fa riferimento al concetto di arbeitnehmerähnliche Person (grosso modo traducibile con “lavoratore simil-dipendente”) configurabile come una sotto-categoria (non legale, ma di derivazione giurisprudenziale e dottrinale) all'interno della disciplina del lavoro autonomo, alla quale vengono estese alcune protezioni tipiche del lavoro subordinato (non esiste nel diritto tedesco un tertium genus). In Irlanda si è preferito introdurre una “soft regulation” attraverso il dialogo con le parti sociali, in Francia la dipendenza economica è in funzione del reddito percepito in base al contratto (la decisione è affidata al giudice) mentre la Spagna, con la legge 20/2007 recante l'Estatuto del trabajador autónomo, è forse il miglior esempio in materia: lavoratori autonomi economicamente dipendenti sono definiti coloro che «svolgono un'attività economica o professionale a scopo di lucro ed in modo abituale, personale, diretto e predominante per una persona fisica o giuridica, denominata cliente, da cui dipendono economicamente, poiché da essa proviene almeno il 75% del proprio reddito per prestazioni di lavoro ed attività economiche o professionali».

A fronte di tali modelli (non più solo teorici) desumibili dalla esperienza europea, pare singolare che il legislatore italiano non voglia cogliere l'occasione rappresentata da una riforma complessiva del settore, che ambisce a voler essere un vero e proprio Statuto del lavoro autonomo, per non adottare una qualsivoglia nozione di dipendenza economica riferita al lavoro self-employed. Sembra si preferisca predisporre (almeno all'attuale stadio dei lavori parlamentari) una piattaforma minima di tutele (includendone talune già preesistenti, eliminandone altre, come nel caso del corrispettivo per le collaborazioni a progetto) ma perdendo di vista la stella polare che dovrebbe guidare l'intera riforma: la consapevolezza che le esigenze di tutela del lavoro autonomo non possono prescindere dalla valorizzazione delle molteplici differenze che caratterizzano il settore.

Ora, se appare condivisibile l'intento della legge nel voler fissare un panel di protezioni fondamentali (sia pure minime), sembra mancare l'altra “gamba” del sistema, la predisposizione di tutele specifiche e parzialmente diverse in ragione della natura dei diversi lavori, esigenza che non può prescindere da una considerazione del grado di dipendenza economica del lavoratore.

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