L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Voucher limite economico per utilizza

di Paolo Rossi

La domanda

Vorrei sapere se un ente senza fine di lucro che utilizza i voucher (D.Lgs. 81/2015), per ogni prestatore è soggetto al limite economico di euro 2020,00 oppure al limite di Euro 7000,00 per anno civile.

L’articolo 48 del Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, definisce le prestazioni di lavoro accessorio (giornalisticamente individuate anche come voucher lavoro) come quelle “attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente”. La norma, dunque, richiede l’applicazione del ridotto limite dei 2.000 euro annuali solo quando il committente della prestazione sia un imprenditore o un professionista. Escludendo a priori la riconduzione “dell’ente senza fine di lucro” nell’ambito della nozione di professionista, resta da capire se tale ente possa invece ricadere nella nozione civilistica di imprenditore. Già sotto la vigenza dell’abrogata disciplina contenuta nel Dlgs 276/2003 (pressoché speculare alla novella disciplina contenuta nel citato DLgs 81/2015), si era precisato che l'espressione “imprenditore” risulta comprensiva di tutte le categorie disciplinate dall'art. 2082 e segg. del codice civile (INPS, Circolare 29 marzo 2013, n.49). Rientra nella categoria di “imprenditore” qualsiasi soggetto persona fisica e giuridica che opera su un determinato mercato, per la produzione, la gestione o la distribuzione di beni e servizi, purché l’attività sia svolta secondo modalità tendenti al pareggio fra costi e ricavi (c.d. metodo economico). Da notare tuttavia, che il metodo economico di gestione dell’impresa non equivale al “fine di lucro” ossia alla volontà dell’imprenditore di realizzare il profitto e il massimo profitto consentito dal mercato. Ne consegue che non si può dare per acquisito che un ente senza fine di lucro sia da escludere, a priori, dalla qualifica di imprenditore; l’indagine, infatti, va estesa alla rilevazione della modalità con cui è condotta l’attività produttiva, e se questa risponde ad un “metodo economico”, ancorché istituzionalmente finalizzata al pareggio di bilancio, ben può aversi impresa senza finalità di lucro. Diverso sarebbe il caso in cui l’ente eroghi gratuitamente o ad un “prezzo politico” i beni o i servizi prodotti, tale cioè da far oggettivamente escludere la possibilità di coprire i costi con i ricavi. In definitiva, dal quesito posto dal lettore non è possibile ricavare la fattispecie da esaminare. In ogni caso, dalle suesposte considerazioni, il lettore potrà dedurre in proprio se l’ente preso ad oggetto del quesito possiede i requisiti dell’imprenditore o meno, e quindi, a seconda del caso, potrà ricavare il tetto annuale applicabile presso il suo ente, per ciascun lavoratore accessorio.

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