Rapporti di lavoro

Accordi bilaterali tra Italia e Cile: il lavoro per i familiari dei diplomatici

di Andrea Costa

Nella Gazzetta ufiiciale 245 del 21 ottobre 2015 è stata pubblicata la legge 166 del 29 settembre 2015 di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo italiano e quello cileno in merito all'autorizzazione allo svolgimento di attività lavorative dei familiari a carico del personale diplomatico, consolare e tecnico-amministrativo, fatto a Roma il 13 dicembre 2013.
L'Accordo introduce una disciplina speciale in materia di immigrazione, che consente, per il periodo strettamente legato alla missione all'estero, lo svolgimento di un'attività lavorativa – subordinata o autonoma – da parte dei familiari individuati dal secondo comma dell'art. 1, a condizione che risultino a carico e rientrino nel nucleo familiare di un funzionario diplomatico, di un funzionario consolare di carriera o di un membro del personale tecnico-amministrativo delle Missioni diplomatiche e consolari dei due Paesi. Il privilegio si estende anche ai familiari del citato personale delle Rappresentanze accreditate presso la Santa Sede e delle Rappresentanze accreditate presso gli Organismi Internazionali con sede presso i due Stati, mentre ne restano esclusi i familiari del personale assunto con contratto locale.
Entrando più nel dettaglio degli accordi intercorsi, possono essere autorizzati a svolgere nel Paese estero attività lavorativa di natura subordinata o autonoma, nel rispetto del principio della lex loci laboris in materia fiscale, di sicurezza sociale e del lavoro, il/la coniuge, i figli a carico dai 18 ai 21 anni, i figli a carico dai 22 ai 25 anni che frequentino corsi di studio a livello superiore ed i figli diversamente abili a prescindere dalla loro età.
Gli articoli 2 e 3 dell'Accordo individuano nel dettaglio le differenti procedure da seguire per ottenere l'autorizzazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in Italia e in Cile, mentre l'articolo 5 disciplina la delicata questione sulle immunità civili, amministrative e penali.
L'autorizzazione è subordinata alla circostanza che il lavoro da svolgere non sia riservato per legge ai soli cittadini dello Stato ricevente, che il candidato non abbia lavorato illegalmente nello Stato ricevente o vi abbia commesso violazioni alle leggi ovvero ai regolamenti in materia fiscale e di sicurezza sociale, che non sussistano particolari motivi attinenti alla sicurezza nazionale.
Pur accogliendo con favore il provvedimento, ampliando l'analisi agli strumenti bilaterali in vigore tra i due Paesi dedicati ad agevolare la mobilità transnazionale dei lavoratori, si osserva come gli stessi debbano ritenersi inadeguati, sebbene in Cile la presenza degli italiani sia comunque rilevante, così come testimoniato dagli ultimi dati A.I.R.E. disponibili che, al 1° gennaio 2015, individuavano ben 54.518 italiani presenti in territorio cileno (trattasi di un dato notoriamente sottostimato rispetto alle presenze effettive).
Il riferimento è, soprattutto, alla mancata ratifica dell'accordo in materia di sicurezza sociale tra l'Italia e il Cile – sottoscritto a Santiago il 5 marzo 1998 e approvato nel medesimo anno dal Parlamento cileno – nel corso di un anno, il 2015, caratterizzato dalla ratifica di diversi accordi in materia, rispettivamente con Turchia, Israele, Giappone e Canada. Se da un lato si osserva come con i Paesi dell'America Latina di storica emigrazione italiana siano già in vigore diversi accordi – trattasi dell'Argentina, del Brasile, del Venezuela, dell'Uruguay – altrettanto non può dirsi per altri Paesi, come il Cile, ma anche per il Perù, la Colombia, l'Ecuador, il Messico, nei quali la presenza italiana è confermata dai dati (31.684, 16.410, 16.270, 15.264 rispettivamente). Come conseguenza vi è il mancato riconoscimento di tutele ormai ritenute fondamentali, quali il ricorso all'istituto della totalizzazione, che consente di poter contabilizzare i periodi contributivi maturati all'estero ai fini della maturazione del diritto alla pensione.
Si osserva, inoltre, come, tra l'Italia e il Cile, non sia stata ancora stipulata una apposita convenzione contro le doppie imposizioni.

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