L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Retribuzioni convenzionali

di Paola Sanna

La domanda

Le retribuzioni convenzionali previste dall'art. 51 comma 8 bis, potrebbero essere considerate reddito per il lavoro svolto in UE tanto ai fini fiscali quanto ai fini previdenziali in considerazione dei principi generali e mancando una specifica eccezione?

Va innanzitutto precisato che per quanto riguarda gli aspetti di carattere fiscale, le retribuzioni convenzionali hanno efficacia nei confronti di tutti i lavoratori dipendenti residenti fiscalmente in Italia, che prestano la loro attività lavorativa all'estero, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco di 12 mesi indipendentemente dal fatto che il Paese sia comunitario o non comunitario. Dal punto di vista previdenziale invece, le retribuzioni convenzionali in argomento rilevano solo nei confronti di lavoratori italiani occupati in Paesi extraUe con i quali non vigono accordi in convenzione totale ovvero parziale. Preme a questo proposito evidenziare che con messaggio INPS n. 995/2012 l'Istituto ha precisato che la disciplina va estesa anche ai lavoratori cittadini di altri Stati membri dell’UE che si trovino in una delle seguenti condizioni: siano in possesso dello status di “soggiornanti di lungo periodo” ,ai sensi dell’art. 11.1.d) della Direttiva 2003/109/CE, e dell’art.9, comma 12 c) del D. Lgs. 286/98 ovvero, ancorchè privi dello status di “soggiornanti di lungo periodo”, siano in possesso di un regolare titolo di soggiorno e di un contratto di lavoro. La norma previdenziale, va dunque estesa ai lavoratori extracomunitari anche privi dello status di “soggiornanti di lungo periodo”, purché titolari di un regolare titolo di soggiorno e di un contratto di lavoro in Italia, che siano stati inviati dal proprio datore di lavoro in un Paese extracomunitario. Tanto premesso, è opportuno segnalare che il decreto legislativo 314/1997 di unificazione delle basi imponibili, non si estende anche a queste fattispecie nel senso che, il provvedimento che ha ridisegnato l'articolo 51 del TUIR, ancorchè emanato successivamente al citato decreto di armonizzazione delle basi imponibili ai fini fiscali e previdenziali, ha efficacia solo ai fini fiscali e non anche a quelli previdenziali. Ciò significa che qualora il lavoratore presti la propria attività in Paesi UE o comunque in Paesi legati all'Italia da accordi di sicurezza sociale, la contribuzione va determinata sulla base della retribuzione effettivamente maturata e non su quella convenzionalmente determinata in sede di decreto ministeriale.

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