Rapporti di lavoro

Sciopero e servizi pubblici, responsabilità estesa alle Pa in caso di appalto di servizio

di Silvano Imbriaci

La Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali con delibera 19 gennaio 2015 (in G.U. n. 28 del 4 febbraio 2015) interviene con una delibera interpretativa che, di fatto, estende alle amministrazioni pubbliche la responsabilità in ordine all'insorgenza o all'aggravamento di conflitti in corso, quando i servizi pubblici siano affidati in appalto o in concessione a soggetti terzi e, dunque, non siano formalmente gestiti in maniera diretta dalle amministrazioni stesse.
L'articolo 13, comma 1, della legge 146/1990 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati) fra i vari meccanismi finalizzati all'attività di prevenzione e raffreddamento dei conflitti idonei a provocare l'interruzione o la sospensione dei servizi stessi, prevede, alla lettera h), la possibilità per la Commissione, in presenza di comportamenti posti in essere delle amministrazioni o delle imprese erogatrici dei servizi stessi in violazione della legge o delle procedure concordate, di richiamare, con formale provvedimento (cosiddetta delibera di invito), le amministrazioni o le imprese alla desistenza dal comportamento illegittimo e ad osservare gli obblighi contrattuali o di legge in materia di conflitto sindacale. Tale invito formale è suscettibile di tradursi nell'applicazione di provvedimenti sanzionatori a carico delle parti, come previsto dalla successiva lettera i) e comunque in una responsabilità, anche di carattere penale, in presenza di fatti aventi tale rilevanza.
La Commissione, verificando le modalità con cui attualmente si erogano i servizi pubblici, assai diverse dal contesto in cui non solo era nata la legge 146/1990, ma era stata anche riscritta la norma di cui all'articolo 13 ad opera dell'articolo 10, comma 1, legge 11 aprile 2000, n. 83, si pone il problema di una gestione indiretta da parte delle amministrazioni pubbliche dei servizi di cui all'articolo 1 della legge n. 146/1990. Per effetto dell'avvio del processo di privatizzazione delle aziende del servizio pubblico e con l'intensificarsi dei sistemi di liberalizzazione della attività economiche, attualmente i sistemi di gestione diretta del servizio da parte delle amministrazioni pubbliche sono recessivi (e anche in questo ambito si realizzano attraverso società in house providing, ossia con imprese solo formalmente distinte dall'apparato amministrativo, ma in realtà parte integrante di questo), a favore dell'utilizzo di strumenti di gestione mediata, quali l'affidamento in appalto o in concessione ad imprese private o a capitale misto, mediante procedure ad evidenza pubblica. In questi casi, le parti “private” del contratto di lavoro necessario per regolare in termini pratici l'erogazione del servizio spesso entrano in conflitto per questioni riconducibili alla diretta responsabilità dell'amministrazione: si pensi al caso, davvero frequente, di stazioni appaltanti inadempienti rispetto all'osservanza degli obblighi contrattuali (la necessaria provvista economica, gli anticipi di spesa), con effetti immediati sulla capacità delle imprese appaltatrici di rispettare i minimi obblighi datoriali verso i propri dipendenti (primo fra tutti la retribuzione corrente). Ecco allora che, nell'ottica di una concreta prevenzione del conflitto, la limitazione alle sole imprese che formalmente gestiscono il servizio (nel caso di appalto o concessione) dell'ambito di applicazione della norma indicata (articolo 13, I comma, lett. h) appare del tutto inutile e forse anche controproducente. Si rende necessaria, dunque, e in prima battuta, una modifica legislativa che consenta alla Commissione di acquisire le informazioni anche presso le stazioni appaltanti o presso gli enti concedenti il servizio allo scopo di verificare la loro eventuale responsabilità nella causazione della vertenza e renderle destinatarie della delibera di invito di cui alla lettera h). In attesa di questo intervento normativo, la Commissione comunque ritiene che fin da subito la disposizione di cui alla lettera h) possa essere interpretata estensivamente nel senso di consentirne l'applicazione non solo alle parti contrattuali del rapporto di lavoro, ma anche ai soggetti terzi (nel caso di specie stazioni appaltanti e enti erogatori del servizio) non essendo ravvisabile alcuna sostanziale differenza, sotto questo profilo, tra amministrazione ed affidatario del servizio pubblico. Dunque la Commissione potrà rivolgere la delibera di invito anche alle amministrazioni pubbliche che hanno affidato l'erogazione del servizio ad imprese terze, sulle quali comunque continuano ad esercitare una forma di controllo derivante dalla natura pubblica ed essenziale del servizio erogato; con l'ulteriore passaggio della successiva trasmissione di idonea informativa alle autorità giurisdizionali competenti per materia o per territorio, ai fini degli opportuni accertamenti in ordine ai fatti rilevati in sede di istruttoria estesa anche alle amministrazioni pubbliche, e alla astratta configurabilità di responsabilità di natura penale o erariale a carico dei pubblici amministratori.

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