Contenzioso

Riforma della giustizia: la negoziazione assistita non si applica alle controversie in materia di lavoro

di Giuseppe Bulgarini d'Elci

È confermato che lo strumento della negoziazione assistita, in forza del quali le parti possono convenire di cooperare per la bonaria risoluzione di una controversia mediante l'assistenza di avvocati, non si applica alle controversie in materia di lavoro.
Il D.L. 12/9/2014 n. 132 aveva introdotto all'art. 2 una specifica procedura di negoziazione assistita tramite avvocato, quale strumento alternativo di risoluzione delle controversie in funzione deflattiva del ricorso all'autorità giudiziaria, escludendo dal suo raggio d'azione solo le controversie che avessero ad oggetto diritti indisponibili. La negoziazione assistita, nella sua versione originaria, ricomprendeva le liti in materia di lavoro, tant'è che lo stesso D.L. 132/2014, operando in via integrativa sul testo dell'art. 2113, comma, 4 del codice civile, aveva incluso gli avvocati tra i soggetti presso i quali è possibile sottoscrivere rinunce e transazioni con efficacia “tombale” e definitiva.
Era subito apparsa evidente la portata – per così dire – storica di questa innovazione, che si inseriva in un contesto nel quale, ogni qual volta le parti del rapporto di lavoro avessero tra loro raggiunto, con l'assistenza dei rispettivi difensori, un accordo transattivo che risolveva una lite in corso o ne preveniva l'insorgenza, era necessario bussare alla porta (non sempre aperta) di organismi appositamente abilitati a consolidare la validità di rinunce e transazioni e attendere i loro tempi (non sempre brevi) per poter formalizzare l'accordo, cui si aggiungeva talora l'ulteriore onere di un contributo economico per l'”assistenza” ricevuta. Senza contare che poteva manifestarsi il rischio, come risulta confermato da sentenze anche recenti, di vedersi annullate le conciliazioni diligentemente siglate in ambito sindacale se, per ipotesi, dal documento transattivo non emergeva che la conciliazione era stata raggiunta attraverso l'effettiva assistenza del lavoratore da parte dell'associazione sindacale di appartenenza.
In questo contesto, l'inclusione degli avvocati tra i soggetti abilitati a raccogliere la sottoscrizione delle transazioni in materia di lavoro secondo il canone dell'art. 2113, comma 4, del codice civile poteva semplificare in modo significativo i passaggi burocratici e operativi, con conseguente risparmio di tempi e denari, cui si era costretti per poter arrivare ad una conclusione definitiva, non più soggetta a impugnazioni o ripensamenti, della controversia in atto o anche solo potenziale.
In sede di conversione del decreto dalla L. 10/11/2014 n. 162, tuttavia, la misura della negoziazione assistita per le controversie in materia di lavoro è sparita, risultando eliminata con un bel tratto di penna. All'art. 2 del D.L. 132/2014 è stato aggiunto, infatti, che la convenzione di negoziazione assistita, oltre a non riguardare i diritti indisponibili, non deve vertere in materia di lavoro. Contestualmente, è stato soppresso l'art. 7 del D.L. 132/2014, che - ampliando la previsione dell'art. 2113, comma 4, del codice civile - aveva ricompreso gli avvocati tra i soggetti presso i quali possono essere formalizzati i verbali di conciliazione che non sono più soggetti ad impugnazione.
Il sapore che rimane in bocca a quanti – e non erano certamente pochi, almeno tra gli avvocati che si occupano abitualmente di diritto del lavoro – avevano salutato con favore l'introduzione della negoziazione assistita per le controversie in materia di lavoro è quello di una porta sbattuta in faccia non solo per ragioni di merito, ma anche per il prevalere di interessi corporativi, che hanno finito con il sovrastare l'interesse generale ad una definizione celere e ad una sostanziale “sburocratizzazione” delle conciliazioni in ambito stragiudiziale.

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