Demansionamento del lavoratore
La risposta al quesito è essenzialmente contenuta nell’articolo 2.103 del Codice civile. Questa norma impone al datore di lavoro di adibire il lavoratore alle mansioni corrispondenti alla categoria superiore che lo stesso abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della distribuzione. L'art. 2103 c.c. precisa che il patto contrario è nullo: e cioè che anche se il lavoratore acconsentisse a mansioni inferiori, può sempre impugnare il patto, senza limiti di decadenza o di prescrizione, per rivendicare le mansioni assegnate da contratto o a quelle equivalenti. Parte della giurisprudenza ha ritenuto legittimo il patto di demansionamento solo in limitati casi eccezionali: ad esempio quello per salvaguardare il posto di lavoro, se la posizione precedentemente assegnata è stata definitivamente soppressa. In questi casi, e purchè l'accordo sia genuino, si può sostenere - secondo un orientamento - una deroga al principio di nullità di patti contrari. Sono invece soggette all'ordinaria prescrizione decennale le conseguenti domande di natura patrimoniale scaturenti da tale demansionamento, mentre a prescrizione quinquennale quelle extracontrattuali.