Rapporti di lavoro

Con il Tfr in busta paga fino a 82 euro in più

Tra 40 a 82 euro al mese in busta paga se andasse in porto il provvedimento proposto dal presidente del consiglio Matteo Renzi. È quanto hanno calcolato gli esperti della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in un parere (il numero 3/2014) che ha l'obiettivo di prevedere l'ammontare della somma da percepire e di chiarire tutti i passaggi tecnici della proposta, illustrando il bacino d'utenza e le criticità legate alle coperture finanziare e agli equilibri pensionistici.
Secondo le previsioni della Fondazione entrerebbero nelle buste paga dei lavoratori circa 40 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 50%), circa 62 euro (con Tfr erogato al 75%) e circa 82 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 100%). Se si decidesse di mantenere l'odierna agevolazione fiscale, l'ammontare mensile varierebbe di circa 5 euro in eccesso.

Lavoratori interessati

I lavoratori interessati all'anticipo del Tfr in busta paga dovrebbero essere “esclusivamente i dipendenti del settore privato, ovvero circa 12 milioni di lavoratori rispetto agli oltre 3 milioni del settore pubblico”. Per il settore privato, afferma la Fondazione, “ ogni anno vengono erogate 315 miliardi di retribuzioni contro i 115 miliardi per quelle dei lavoratori pubblici, per un totale di circa 430 miliardi di retribuzioni l'anno. Il Tfr maturato ogni anno è circa 21 miliardi e 451 milioni di euro. Sapendo che per le imprese che superano i 49 dipendenti il Tfr rimasto in azienda viene destinato al Fondo di Tesoreria Inps, dal quale non è possibile sottrarlo per non incorrere in problemi di gettito, questa proposta riguarderebbe solo la metà dei lavoratori privati, ovvero i 6 milioni e 500 mila dipendenti di aziende private con meno di 50 dipendenti.


Previdenza complementare
Un altro fattore da considerare, per la Fondazione studi dei consulenti del lavoro, è la riforma delle previdenza complementare, entrata in vigore dal 1° gennaio 2007, a cui ogni anno vengono destinati 6 miliardi del Tfr. Ci vanno aggiunti i 6 miliardi distribuiti annualmente al Fondo Tesoreria Inps e i restanti 10 miliardi che rimangono in azienda. Di conseguenza, se la proposta normativa riguarderà solo le aziende fino a 49 dipendenti, il Tfr “distribuito” sarebbe circa la metà di quello maturato complessivamente.
La fondazione studi ricorda che il Tfr gode di un'agevolazione fiscale e previdenziale, e cioè di una tassazione agevolata del 23 o 25% e dell'esenzione previdenziale. Uno “status” che potrebbe essere messo in discussione: in passato, in caso di Tfr anticipato mensilmente in busta paga dai datori i giudici del lavoro avevano stabilito un cambiamento della natura della retribuzione, che diventava così ordinaria e non speciale. Di conseguenza, le imprese saranno tenute a pagare i contributi corrispettivi e i lavoratori le imposte con un tasso ordinario e non più agevolato. Per conservare, dunque, l'agevolazione fiscale e contributiva, bisognerà necessariamente prevedere un'adeguata copertura finanziaria. La scelta di destinare il Tfr dei lavoratori alla previdenza complementare –ricordano i Consulenti- in seguito all'entrata in vigore della riforma della previdenza del 2006 dava la possibilità di integrare il metodo contributivo. Se adesso si scegliesse di anticipare la somma o parte di essa in busta paga, si creerebbe un danno al sistema pensionistico direttamente proporzionale al numero degli anni per cui viene percepito l'anticipo.

Pro e contro per le imprese
Il Tfr, ricorda la Fondazione studi - è da sempre usato come uno strumento per autofinanziarsi. Se, quindi, si decidesse di anticiparlo ogni mese, bisognerebbe prevedere un sistema di compensazione. Se è vero che il Tfr da monetizzare è quello per il futuro, e non quello maturato per il passato, è pur vero che le imprese sarebbero a rischio liquidità e, quindi, bisognerebbe compensare riducendo i costi contributivi, così come avvenne per il versamento al Fondo di Tesoreria per le aziende con 50 dipendenti.
Secondo quanto è emerso da un'indagine effettuata dalla Fondazione studi sulle microimprese, «gli imprenditori vorrebbero liquidare il Tfr per favorire il clima aziendale e al tempo stesso evitare di dover versare somme superiori al loro volume d'affari al termine del rapporto di lavoro del dipendente... Ma è necessario sottolineare che questa proposta non porterà a un aumento delle retribuzioni. Si tratta, infatti, solo di un sistema di autofinanziamento con cui i lavoratori si anticipano indennità future, mettendo però a rischio gli equilibri pensionistici e indirizzando i futuri pensionati a una misera esistenza».

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