Rapporti di lavoro

Amministratore e dipendente della società: possibile a certe condizioni

di Antonio Carlo Scacco


La problematica della coesistenza in capo a uno stesso soggetto della qualità di lavoratore subordinato e di organo del consiglio di amministrazione della medesima società (ad esempio presidente del Cda, consigliere ecc.) è piuttosto delicata e investe profili (lavoristici, previdenziali ecc.) differenti.

Un primo orientamento dell'Inps (circolare 8 agosto 1989, numero 179) si mostrava piuttosto rigido: “Diverso dalle precedenti ipotesi di Amministratore è, infine, il caso di soggetto che rivesta una carica amministrativa tale da rendere evanescente la posizione di subordinazione rispetto agli altri. Questo è il caso del Presidente, dell'Amministratore unico e del Consigliere delegato. Quando questi infatti esprimono da soli la volontà propria dell'Ente sociale, come anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina, in veste di lavoratori essi verrebbero ad essere subordinati di sé, cosa che non è giuridicamente possibile. Per essi pertanto, in linea di massima, è da escludere ogni riconoscibilità di rapporto di lavoro subordinato e della conseguente assoggettabilità agli obblighi assicurativi.”.

La posizione espressa dall'istituto previdenziale è stata tuttavia superata, nel corso del tempo, dalla giurisprudenza. La Corte di cassazione ha più volte affermato (ad es. sentenze 19 maggio 2008, numero 12630 e 24 maggio 2000, n. 6819) che la qualifica dì amministratore di una società commerciale non è di per sé incompatibile con la condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della stessa società.
Tuttavia, perché sia configurabile il rapporto di lavoro subordinato, il soggetto che intende farlo valere non deve essere amministratore unico della società e deve provare in modo certo il requisito della subordinazione, ossia il suo effettivo assoggettamento al potere direttivo di controllo e disciplinare dell'organo di amministrazione della società nel suo complesso.
Tale configurabilità è astrattamente possibile anche in una società di capitali composta di due soli soci (Cass. 17 novembre 2004, n. 21759).

Quindi, se prassi e giurisprudenza escludono che un amministratore unico possa essere contemporaneamente dipendente della società che amministra, tale possibilità è consentita per le altre figure del consiglio di amministrazione. Occorrerà tuttavia adottare particolari cautele nella attribuzione delle relative deleghe: sia ai fini del rispetto della norma di cui all'articolo 2391 del codice civile (conflitto di interessi), sia ai fini della compatibilità delle medesime deleghe con la sussistenza del rapporto di subordinazione.

Sotto il primo profilo, si pensi al consigliere cui sia stata attribuita la delega alla gestione del personale dipendente: essendo lui stesso un dipendente è evidente la astratta possibilità di un conflitto di interessi. Sotto il secondo profilo è opportuno che le deleghe non siano tali da sovrapporsi con le mansioni svolte nella veste di lavoratore dipendente fermo restando, come chiarito dalla giurisprudenza, l'assoggettamento al potere direttivo di controllo e disciplinare dell'organo di amministrazione della società nel suo complesso.

La mancata adozione di tali cautele può portare ad esiti negativi rilevanti per il lavoratore: in primo luogo il disconoscimento del rapporto di lavoro dipendente e, conseguentemente, la perdita del diritto al trattamento pensionistico.

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