Contenzioso

La Cassazione: il contratto aziendale può derogare in pejus il Ccnl

di Angelo Zambelli

Con la sentenza 19396, depositata il 15 settembre, la Corte di Cassazione ha affrontato l'annosa questione relativa al concorso-conflitto tra fonti collettive di diverso rango, aziendale e nazionale, nella regolamentazione del medesimo istituto.
Il caso affrontato riguarda la domanda di un lavoratore volta ad ottenere dalla società di cui era dipendente l'indennità di trasferta prevista dal Ccnl di categoria, domanda rigettata sia in primo sia in secondo grado, sulla considerazione che la previsione del Ccnl invocata dal ricorrente era stata derogata da un accordo sindacale che escludeva il diritto a percepire l'indennità in questione al fine di salvaguardare il livello occupazionale aziendale.
Confermando la correttezza della sentenza resa in appello, i giudici di legittimità escludono, innanzitutto, la fondatezza della tesi del lavoratore, relativa all'inapplicabilità degli accordi sindacali aziendali ai lavoratori che non vi abbiano aderito.
La Corte, infatti, in ossequio alla propria funzione nomofilattica, segue il proprio costante orientamento, confermando che «il contratto aziendale vincola, indipendentemente dalla iscrizione ai sindacati stipulanti, tutti i lavoratori dell'azienda, stante la sua natura sostanzialmente erga omnes in quanto regola unitariamente indivisibili interessi collettivi aziendali dei lavoratori» (Cass. 2 maggio 1990, n. 3607. Nello stesso senso, Cass. 26 giugno 2004, n. 11939; Cass. 25 marzo 2002, n. 4218; Cass. 15 giugno 1999, n. 5953).
Tale orientamento giurisprudenziale accoglie, altresì, l'opinione dottrinale che fonda l'efficacia generale del contratto collettivo aziendale sull'argomento dell'indivisibilità dell'interesse collettivo di cui si fanno portatori i soggetti stipulanti ovvero sull'inscindibilità della condizione dei lavoratori all'interno della stessa impresa, che determina la necessità di un'unica regolamentazione contrattuale.
La Corte affronta, quindi, il secondo motivo di ricorso proposto dal lavoratore, relativo all'efficacia o meno di accordi aziendali contenenti previsioni peggiorative rispetto al contratto collettivo nazionale.
Escludendo l'applicazione al caso di specie dell'articolo 2077 del Codice civile, che regola unicamente il rapporto tra contratto collettivo e contratto individuale di lavoro, e non già il rapporto tra contratti collettivi di diverso livello, la Corte giunge ad affermare che i contratti aziendali possono anche derogare in pejus ai contratti collettivi nazionali, con la sola salvaguardia dei diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori, ossia con il limite «che non si incida su disposizioni di legge inderogabili o su istituti regolati sulla base di contratti individuali di lavoro e facendo, in ogni caso, salvi quei diritti, già entrati a far parte del patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa e, nell'ambito di un rapporto (o di una sua fase) già esauritasi» (Cassazione 18 settembre 2007, n. 19351).
Non si può che concordare con l'iter logico seguito dalla Corte, i cui passaggi argomentativi trovano conferma e conforto nell'Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, in cui si prevedono contratti aziendali con efficacia generale, derogatori del contratto nazionale «al fine di gestire situazioni di crisi […]» come nel caso che ci occupa.
Occorre, inoltre, sottolineare che la possibilità di deroga è oggi definitivamente sancita dall'articolo 8 del Dl 138/2011 convertito nella legge 148/2011, che – in relazione a specifiche materie - consente ai contratti aziendali o territoriali non solo di derogare alla disciplina collettiva, ma altresì a quella legale, con l'attribuzione di un ampissimo potere alla contrattazione di prossimità che potrà adeguare gran parte della disciplina del lavoro alle concrete esigenze aziendali.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©