Contenzioso

Appalto, cause entro 60 giorni

di Aldo Bottini

Il Tribunale di Padova, con una sentenza del 18 luglio 2014, interviene in materia di decadenza dall'azione volta ad ottenere l'accertamento della sussistenza del rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto.

Due lavoratori, impiegati nell'ambito di un appalto e poi licenziati dal proprio datore di lavoro (l'appaltatore), avevano sostenuto di aver di fatto lavorato alle dipendenze dell'appaltante, invocando in sostanza l'illiceità dell'appalto e quindi un'interposizione illecita nel rapporto di lavoro. Avevano quindi chiesto che il giudice del lavoro accertasse l'inefficacia del licenziamento intimato dal loro "formale" datore di lavoro e condannasse l'appaltante (cioè il soggetto che loro ritenevano fosse l'effettivo datore di lavoro) al ripristino del rapporto e al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate.

La società appaltante aveva eccepito la decadenza da tale azione, non avendo mai ricevuto dai due lavoratori alcuna impugnazione stragiudiziale nei 60 giorni successivi al licenziamento. Quest'ultimo, infatti, era stato impugnato nel termine solo nei confronti del formale datore di lavoro.

La norma su cui si basa l'eccezione di decadenza è l'articolo 32 comma 4, lettera d), della legge 183/10 ("Collegato lavoro") che estende il termine di decadenza di 60 giorni per l'impugnazione del licenziamento e il conseguente termine di 180 giorni per la proposizione della relativa azione giudiziale a «ogni altro caso in cui, compresa l'ipotesi prevista dall'articolo 27 del decreto legislativo 276/03, si chieda la costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto».

Il Tribunale ha ritenuto fondata l'eccezione della società appaltante, respingendo le domande dei lavoratori per intervenuta decadenza. Ha affermato che il decorso del termine di decadenza prende avvio dal licenziamento intimato dal soggetto interposto (il formale datore di lavoro) e che la decadenza è impedita solo dall'impugnazione nei confronti di chi si assume essere l'effettivo datore di lavoro. Ciò sulla base del combinato disposto degli articoli 27, secondo comma, e 29 comma 3-bis del Dlgs 276/03 (la legge Biagi), a norma del quale gli atti posti in essere dal soggetto interposto (nella fattispecie l'appaltatore) si intendono come compiuti dall'interponente, cioè dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione di lavoro.

In sostanza, dice il Tribunale, in caso di appalto non genuino il licenziamento intimato dal formale datore di lavoro si imputa al datore di lavoro effettivo. Se si vuole agire nei confronti di quest'ultimo, è nei suoi confronti che si deve impugnare il licenziamento nei termini. Con tale affermazioni il Tribunale di Padova prende implicitamente le distanze dalla posizione assunta dal ministero del Lavoro con la risposta data il 25 marzo 2014 all'interpello 12/14 di Assotrasporti. Il Ministero aveva richiamato alcune decisioni della Cassazione (antecedenti il Collegato lavoro), secondo cui il licenziamento intimato da un soggetto diverso dal reale datore di lavoro non sarebbe invalido, bensì giuridicamente «inesistente» e, come tale, non sottoposto all'onere d'impugnazione.

Non vi sarebbe quindi alcun atto da impugnare, posto che il soggetto interponente non intima certo il recesso in prima persona, e pertanto il termine decadenziale non potrebbe mai decorrere. Una posizione che di fatto porterebbe alla totale inapplicabilità dell'articolo 32, comma 4, del Collegato lavoro, una norma volta a garantire una maggiore certezza dei rapporti giuridici, che invece è stata correttamente applicata dal Tribunale di Padova.

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