Rapporti di lavoro

È dovuto il contributo ASPI di licenziamento da parte del datore fallito?

di Antonio Carlo Scacco

Quale è la sorte del rapporto di lavoro, e dei crediti e debiti connessi, a seguito della dichiarazione di fallimento? Nell'ordinamento fallimentare e giuslavoristico non vi sono disposizioni specifiche che disciplinano questo importante (e critico) momento aziendale; fa eccezione la disposizione contenuta nell'articolo 2119 c.c. secondo la quale la dichiarazione del fallimento dell'imprenditore non determina la risoluzione automatica (ipso iure) del rapporto di lavoro con i suoi dipendenti. Il principio, ampiamente condiviso dalla dottrina e dalla giurisprudenza fin da epoca risalente (v. ad es. Cass. SS.UU. 27 ottobre 1966 n. 2637), si giustifica con la esigenza di salvaguardare la sopravvivenza dell'impresa nell'eventualità di un esercizio provvisorio o di altre forme di conservazione (ad es. cessione o affitto dell'azienda). Sarà compito degli organi concorsuali valutare la convenienza o la necessità di procedere ai licenziamenti avuto riguardo alle effettive circostanze aziendali ed alle prospettive di superamento dello stato di insolvenza.
Una specifica problematica riguarda la corresponsione del cd. contributo di licenziamento previsto dalla legge cd. Fornero (legge n. 92/2012 art. 2, co. 31, modificata dalla legge n. 228/2012): il curatore che decida di interrompere il rapporto di lavoro con i dipendenti dell'azienda dichiarata fallita e proceda ai necessari licenziamenti è tenuto al versamento del suddetto contributo? La regola e che tutti i datori di lavoro sono tenuti all'assolvimento della contribuzione nei casi in cui la cessazione del rapporto generi in capo al lavoratore il teorico diritto alla nuova indennità, a prescindere dall'effettiva percezione della stessa. In linea di massima il contributo non è dovuto a seguito di: dimissioni (ad eccezione di quelle per giusta causa o intervenute durante il periodo tutelato di maternità); risoluzione consensuale, fatto salva quella derivante da procedura di conciliazione presso la DTL ovvero da trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici; decesso del lavoratore (per ulteriori ipotesi di esenzione vedi comma 34 art. 2 legge 92/2012). Non vi è dubbio, pertanto, che l'onere contributivo in parola riguardi anche gli organismi concorsuali che procedano alla effettuazione di licenziamenti. Al riguardo, tuttavia, è necessario distinguere. Il comma 33 dell'articolo da ultimo citato prevede la esenzione dal versamento del contributo di licenziamento, fino al 31 dicembre 2016, per le aziende tenute al versamento del peculiare contributo a seguito del collocamento dei lavoratori in mobilità (art. 5, co. 4, legge 23 luglio 1991, n. 223). In proposito l'Inps ha chiarito, con messaggio 10358 del 27 giugno 2013, che, fino alla data di cui sopra, la contribuzione di cui all'articolo 2, c. 31 della cd. legge Fornero non riguarderà gli organi delle procedure concorsuali delle aziende soggette alla legge 223/91, mentre riguarderà quelle non soggette già a partire dalle interruzioni dei rapporti di lavoro intervenute dal 1 gennaio 2013.
Un'altra interessante questione si pone riguardo alle modalità di versamento del suddetto contributo in costanza di fallimento: il curatore dovrà procedere al suo integrale pagamento a valere sull'attivo disponibile o sarà necessaria l'insinuazione da parte dell'Inps? Anche qui è necessario distinguere. L'articolo 104 della legge fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267) dispone che "Con la sentenza dichiarativa del fallimento il giudice può disporre l'esercizio provvisorio dell'impresa … se dall'interruzione può derivare un danno grave, purché non arrechi pregiudizio ai creditori". Una volta disposto l'esercizio provvisorio i crediti che nascono successivamente sono considerati prededucibili ai sensi dell'articolo 111 e, pertanto, pagabili immediatamente (compatibilmente con la congruità dell'attivo). Si ritiene che anche il contributo dovuto all'Inps a seguito del licenziamento del dipendente e avvenuto in corso di esercizio provvisorio segua le stesse regole in quanto il relativo obbligo nasce al momento della cessazione del rapporto di lavoro (anche se il calcolo, ai sensi dell'art. 2 co. 31 della legge 92, assume a base di riferimento periodi che possono essere anche antecedenti alla dichiarazione di fallimento). In mancanza di esercizio provvisorio deve invece ritenersi che sussista solo un diritto dell'Inps ad insinuarsi con le normali procedure concorsuali (si segnala che in taluni casi la Suprema Corte ha addirittura negato la configurabilità di un credito contributivo dell'Inps dopo la dichiarazione di fallimento con contestuale cessazione dell'attività aziendale, argomentando che, rimanendo il rapporto di lavoro sospeso, non è configurabile una retribuzione e, conseguentemente, un obbligo contributivo: ad es. Cass. 14 maggio 2012, n. 7473).

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