Adempimenti

Ritenute, servizi esternalizzati sotto la scure delle nuove regole

di Giuseppe Latour

La stretta sulle ritenute colpisce con una valanga di adempimenti burocratici e sanzioni il mondo dei servizi esternalizzati. L’effetto emerge da un’analisi dell’ultima versione dell’articolo 4 del decreto fiscale.

Qui viene attribuito ai committenti di appalti e altri contratti ad alta intensità di manodopera l’onere di vigilare sul pagamento delle ritenute fiscali da parte di appaltatori e subappaltatori. Con uno schema che potrebbe penalizzare pesantemente alcuni settori, come la Gdo e l’agricoltura.

L’ultima formulazione del decreto fiscale, infatti, oltre a porre il limite minimo dei 200mila euro annui di valore, parla di rapporti «caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera, presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo» dei suoi beni strumentali. Si tratta, quindi, di tutti i casi di opere e servizi che siano “labour intensive”.

Se, a una prima lettura, la definizione sembrava limitare molto l’estensione delle nuove regole, con il passare delle ore è diventato, invece, chiaro che il perimetro della novità è comunque parecchio esteso. Nella pratica ci rientrano situazioni nelle quali l’esternalizzazione di servizi è frequentissima: pulizia, portierato, servizi informatici e amministrativi, manutenzione, vigilanza, logistica ma anche contratti con imprese terze legati ai picchi produttivi di settori come l’agricoltura.

Il caso della grande distribuzione organizzata è esemplare. In molti punti vendita è frequente l’esternalizzazione di alcune lavorazioni, come la pulizia, la vigilanza, le manutenzioni o la gestione dei servizi informativi. Ma anche la logistica, con attività svolte presso i depositi dei committenti che, in linea teorica, potrebbero ricadere nel perimetro della norma. E, per la Gdo, il tetto dei 200mila euro sposta davvero poco.

Per questo Francesco Quattrone, direttore lavoro e relazioni sindacali di Federdistribuzione, spiega che, con la nuova formulazione, «nonostante alcuni aspetti controversi siano stati superati, restano alcune criticità». Permangono infatti «gravosi obblighi di controllo a carico del committente difficili da rispettare; inoltre riteniamo pericolosa la previsione che stabilisce l’interruzione, in presenza di irregolarità, del versamento dei corrispettivi dovuti all’appaltatore. Da ultimo è penalizzante la sanzione per il committente».

Ma il tema dell’outsourcing si pone spesso: basta pensare ai casi nei quali, magari per seguire i picchi stagionali, vengono esternalizzate fasi della produzione. Succede nell’agricoltura, come spiega Nicola Caputo, responsabile dell’area fiscale di Confagricoltura: «Premesso che l’ultima formulazione migliora questa misura, la novità avrà impatto su quei soggetti che hanno delle strutture di produzione proprie e si avvalgono di aziende terze». Un processo nel quale, ovviamente, è decisiva la stagionalità.

Da Cna parlano di coinvolgimento di «comparti come costruzioni, impiantisti e serramenti, pulizie. Solo nell’ambito della Pa la spesa per appalti con valore superiore a 40mila euro supera i 140 miliardi l’anno. A titolo di esempio, il valore della manutenzione ordinaria di opere edili di una grande struttura ospedaliera è circa un milione l’anno». Anche l’edilizia, quindi, non è esclusa. Succede, ad esempio, che in appalti nei quali servono macchinari particolarmente costosi, questi siano a volte di proprietà del committente, che poi acquisisce all’esterno la manodopera per farli funzionare.

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