Adempimenti

Professionisti e Caf alla sfida dell’assistenza fiscale «4.0»

di Giovanni Parente

La prospettiva fa la differenza. La precompilata è un punto di arrivo o di partenza per Fisco, contribuenti e addetti ai lavori? Se si pensa al carattere sperimentale che ha caratterizzato per espressa scelta legislativa il debutto dell’operazione, non si può che propendere per l’idea che si tratti di un punto di partenza. Ad avvalorarlo sono anche i numeri. Nel 2017 i modelli 730 inviati con il «fai-da-te» attraverso l’applicazione web dal sito dedicato delle Entrate sono stati 2,3 milioni. Un dato che da un lato fa segnare una crescita sostenuta rispetto al 2016 (quando erano stati 1,9 milioni) e ancor più sul 2015 (+64,3% rispetto agli 1,4 milioni), a conferma del fatto che i contribuenti stanno prendendo confidenza e fiducia nei confronti dello strumento. Dall’altro lato, però, non si può fare a meno di considerare che 17,9 milioni di modelli viaggiano ancora attraverso intermediari. Per il 2018 (e i due anni successivi) il piano delle performance dell’Agenzia punta al 12% di modelli 730 trasmessi direttamente dal contribuente rispetto a quelli predisposti.

Ma c’è anche un altro numero a cui bisogna prestare attenzione: il 15% di no touch, ossia di accettazione delle precompilate 2017 senza apportare integrazioni o modifiche che incidano su imponibile e imposta. Molto dipende dai dati presenti (quest’anno ne sono arrivati quasi un miliardo per alimentare il sistema), ma anche dalla loro qualità e, quindi, dal loro livello di precisione e attendibilità.

Cifre che lasciano intravedere un percorso evolutivo, ma che sono ancora lontane dal consentire di decretare la fine dell’intermediazione. Anche perché, nonostante gli sforzi dell’agenzia delle Entrate e dell’amministrazione finanziaria, sono le norme di legge alle “spalle” (ad esempio, l’introduzione di nuovi bonus) a rendere complicato il sistema. Ma anche alla luce di altre modifiche che saranno presto operative (prima fra tutte l’e-fattura per cui è stata prevista l’obbligatorietà tra privati a partire dal 2019) si pone sicuramente una questione di come ripensare l’assistenza e la consulenza fiscale in chiave «4.0».

Proprio in vista dell’arrivo della fattura elettronica, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e la Fondazione nazionale, con un documento diffuso venerdì scorso, delineano un nuovo modello (definito «evoluto/digitale») di organizzazione dello studio che punta sempre di più sulla collaborazione con il cliente, su una maggiore integrazione tra le diverse componenti dei software a disposizione sia per valorizzare i dati delle fatture sia per ridurre l’inserimento manuale. Razionalizzazione e ottimizzazione. Anche perché l’esperienza degli ultimi anni, con i nuovi adempimenti introdotti (dall’invio dei dati della precompilata a quelli per lo spesometro e per la comunicazione delle liquidazioni Iva) ha insegnato l’importanza di pescare le informazioni di documenti disponibili. E poi c’è tutto il capitolo aperto delle specializzazioni, che potrebbe portare nel tempo a un modello di professionista sempre più consulente preventivo di imprese per individuare anche strategie di crescita, investimento e differenziazione.

Anche i Caf stanno lavorando a nuove prospettive. Sul tavolo dei vertici dell’agenzia delle Entrate è stato recapitato nelle scorse settimane un documento per un modello sempre più collaborativo. Tra le proposte, quella di fare da canale di assistenza per le lettere di compliance inviate ai contribuenti (nel 2017 ne sono state “recapitate”quasi 1,5 milioni, il doppio rispetto al 2016) e di porsi come interlocutore sul territorio per la riorganizzazione catastale.

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