Adempimenti

Nel 2017 importi degli indennizzi da danno biologico invariati rispetto al 2016

di Luca De Compadri

Con l'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, numero 38, il legislatore ha regolamentato la indennizzabilità del danno biologico derivante dall'attività lavorativa. Ai fini della tutela dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, il danno biologico viene definito come la lesione dell'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona. Le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato. L'indennizzo delle menomazioni di grado pari o superiore al 6% ed inferiore al 16% è erogato in capitale, dal 16% viene erogato in rendita, nella misura indicata nell'apposita tabella indennizzo danno biologico.

Orbene, con decorrenza dall'anno 2016, dal 1° luglio di ciascun anno si procede alla rivalutazione degli importi degli indennizzi del danno biologico erogati dall'Inail.

La rivalutazione, subordinata all'emanazione di un decreto del ministro del Lavoro e delle politiche sociali, da adottare su proposta del presidente dell'Inail, è parametrata alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, accertata dall'istituto nazionale di statistica rispetto all'anno precedente.

Come ribadito dall'Istituto, a decorrere dall'anno 2019, tuttavia, l'efficacia delle disposizioni, anche con riferimento alle rivalutazioni relative agli anni 2016-2018, è subordinata alla revisione delle tariffe dei premi assicurativi.

Orbene, il 26 luglio 2017, il ministero del Lavoro ha pubblicato il decreto ministeriale 4 luglio 2017 con cui viene stabilito, all'articolo 1, che con decorrenza dal 1° luglio 2017, su proposta dell'Inail, di cui alla determinazione presidenziale 246 del 22 maggio 2017, sono confermati gli importi delle prestazioni economiche per danno biologico vigenti al 1° luglio 2016.

I principi sui quali è impostata la tabella sono tre:
- l'indennizzo è areddituale, prescinde cioè dalla retribuzione dell'assicurato, in quanto la menomazione in sé produce lo stesso pregiudizio alla persona per tutti gli esseri umani;
- l'indennizzo aumenta al crescere della gravità della menomazione in misura più che proporzionale sia in termini assoluti che relativi. Infatti, al crescere della percentuale di invalidità, aumenta il peso di ciascun punto percentuale aggiuntivo, in quanto va ad incidere su di un quadro clinico maggiormente compromesso;
- l'indennizzo è variabile in funzione dell'età (decresce al crescere dell'età) e del sesso (tiene conto della maggiore longevità femminile). Infatti, l'indennizzo in capitale deve essere proporzionato alla durata della residua vita nel corso della quale deve ristorare il pregiudizio della menomazione.
Si tratta dei principi del cosiddetto “sistema a punto variabile” che è quello seguito da quasi tutti i tribunali per il risarcimento civilistico del danno biologico da fatto illecito (si veda la circolare Inail 57/2000).

Direttamente collegato al risarcimento del danno biologico coperto dall'Inail troviamo il danno biologico differenziale. In base all'articolo 10 del testo unico, il lavoratore infortunato può chiedere direttamente al proprio datore di lavoro il risarcimento di un danno subito anche incluso nell'assicurazione, nel caso in cui:
a) l'infortunio sia conseguenza di un fatto che costituisce reato da parte del datore di lavoro o di suoi incaricati o dipendenti;
b) il reato commesso sia perseguibile d'ufficio;
c) vi sia stato preventivamente l'accertamento giudiziale di una responsabilità penale del datore di lavoro secondo quanto disposto dall'articolo 10 del Dpr 1124/1965.

Sì è, quindi, sostenuto che il danno differenziale permette al lavoratore di ottenere dalla responsabile dell'infortunio l'eventuale eccedenza di risarcimento civile rispetto le seguenti voci:
- indennità per danno patrimoniale da inabilità temporanea;
- capitale per il danno biologico permanente dal 6% al 15%, ovvero la rendita per il medesimo danno se di grado superiore (fino al 10 per cento);
- quota di rendita di carattere patrimoniale per l'invalidità dal 16% in poi, integrata nei casi di quote per carichi familiari e dall'assegno per assistenza personale continuativa;
- danno patrimoniale dei superstiti, ristorato con la rendita e l'assegno funerario;
- spese mediche di cura e di protesi.

Il danno differenziale si ottiene sottraendo dall'importo del danno complessivo, che il giudice liquida secondo criteri civilistici, l'importo delle prestazioni erogate dall'Inail.
In particolare, seguendo l'insegnamento della Corte di cassazione (sesta sezione civile - sentenza 30 agosto 2016, numero 17407), quando la vittima di un illecito aquiliano abbia percepito anche l'indennizzo da parte dell'Inail, per calcolare il danno biologico permanente differenziale è necessario:
1) determinare il grado di invalidità permanente patito dalla vittima e monetizzarlo, secondo i criteri della responsabilità civile, ivi inclusa la personalizzazione o danno morale che dir si voglia, attesa la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale;
2) sottrarre dall'importo sub 1) non il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'Inail, ma solo il valore capitale della quota di rendita che ristora il danno biologico (si veda Corte di cassazione, sezione 3, sentenza 13222/2015).

Per quanto riguarda il risarcimento del danno patrimoniale da riduzione permanente della capacità di guadagno, che l'Inail indennizza a prescindere da qualsiasi prova della sua sussistenza, sol che l'invalidità causata dall'infortunio superi il 16%, il relativo indennizzo assicurativo potrà essere detratto dal risarcimento aquiliano solo se la vittima abbia effettivamente patito un pregiudizio di questo tipo (Corte di cassazione, sesta sezione civile, sentenza 30 agosto 2016, numero 17407).

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