Adempimenti

Alternanza, rischio nuovi paletti per le imprese

di Claudio Tucci

Dopo un primo anno di obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro con luci e ombre (solo un ragazzo su tre si è formato in azienda - male i licei) e con un tasso di disoccupazione giovanile al 37,9% (peggio di noi in Europa solo Spagna e Grecia) ci si aspetterebbero indicazioni operative agli istituti per superare le criticità emerse “sul campo” con l’obiettivo di far decollare il rapporto con il mondo produttivo.

E invece la bozza di «Chiarimenti interpretativi» che il ministero dell’Istruzione sta ultimando, per poi inviare ai presidi, rischia di andare nella direzione opposta, ipotizzando altra burocrazia e vincoli in contrasto con l’autonomia scolastica e soprattutto con le nuove politiche del lavoro, disegnate, con coraggio, dal Jobs act.

Sul fronte, per esempio, di un possibile ricorso alle Agenzie per il lavoro accreditate per facilitare il collegamento scuola-impresa, il documento ministeriale è piuttosto timido: se, a livello normativo, non viene vietato avvalersi delle Apl (che per mestiere fanno intermediazione), subito dopo, tuttavia, sono snocciolati una serie di paletti e freni al fine di mantenere (e difendere) un ruolo centrale, a tratti esclusivo, dell’istituzione scolastica (quando piuttosto l’obbligatorietà dell’alternanza presupporrebbe più libertà per una reale co-progettazione dei percorsi di studio e lavoro).

Anche nell’individuazione degli atti obbligatori per far partire un corso in alternanza sarebbe opportuno richiamare espressamente il «Progetto formativo», come parte integrante della convenzione tra istituto e azienda (quel documento infatti è la garanzia di un’esperienza “on the job” di qualità).

E da affrontare, con meno timori, è pure il tema delle ore di pratica da svolgere nelle imprese durante il periodo di sospensione delle attività didattiche (vacanze estive). Qui, senza mezzi termini, andrebbe chiarito che i ragazzi dovranno essere accompagnati “on the job”, come durante gli altri mesi dell’anno, anche dal docente di scuola (o comunque va garantita la sua reperibilità).

«Non possiamo permetterci passi indietro, e tornare ad allontanare i due mondi, istruzione e lavoro - incalza il vice presidente per il Capitale umano di Confindustria, Giovanni Brugnoli -. La sfida è formare ragazzi alla Manifattura 4.0. In quest’ottica è giusto chiedere cambiamento e flessibilità alle imprese. Ma lo stesso deve valere per il mondo scolastico. Il tema è delicato, e l’alternanza va sostenuta: la presenza di studenti e professori nelle nostre aziende, durante tutto l’anno, migliora la didattica, apre la scuola ai territori e alla ricerca scientifica-industriale e, soprattutto, da una chance in più ai giovani di un successivo, più rapido, inserimento occupazionale».

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