Adempimenti

Ias: rileva fiscalmente la riduzione del Tfr iscritto a patrimonio

di Daniela Delfrate e Marco Piazza

L’anno 2015 ha visto, per una molteplicità di aziende IAS adopter, una sensibile decremento della componente attuariale del TFR iscritta nel patrimonio netto nelle cosiddette “nelle altre componenti di conto economico complessivo” (other comprehensive income - OCI). Fra le cause che hanno determinato il decremento vi è la riduzione dei tassi di inflazione, che incide negativamente sulla stima dei futuri costi di TFR e l’applicazione anticipata della modifica al par. 83 dello IAS 19 che ha comportato in alcuni casi, l’adozione di un “tasso di sconto” sensibilmente diverso da quello applicato nei precedenti esercizi.
L’impatto, spesso è tale da eccedere l’incremento del TFR dovuto complessivamente alle altre variabili che incidono sulla valutazione di questa posta di bilancio: i “costi relativi alle prestazioni di lavoro correnti” (service costs) e gli “interessi netti sulla passività per benefici definiti” (interest costs).


Gli effetti dello IAS 19
In generale lo IAS 19 stabilisce la modalità di rendicontazione di tutti i benefici che le aziende concedono ai propri dipendenti. Vengono distinti i benefici in base a cinque categorie per le quali sono previste differenti modalità di rendicontazione. Secondo i criteri dello IAS 19 il TFR dei dipendenti delle aziende rientra tra “i benefici successivi” alla fine rapporto di lavoro (post-employment benefit) e in particolare fra i “piani a benefici definiti” di cui ai par. 56 e seguenti dello IAS 19 (V. Oic, Guida operativa per la transizione ai principi contabili internazionali, del maggio 2005, capitolo 13). Per la valutazione di questo tipo di passività patrimoniale è necessario effettuare il calcolo mediante l’attualizzazione dell’importo da liquidare ai dipendenti ad una data successiva rispetto a quella in cui viene riferita la valutazione.
Dopo la riforma previdenziale introdotta con la legge 296 del 2006 (v. anche il Decreto di attuazione del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 30 gennaio e la circolare INPS del 3 aprile 2007 n. 70, le aziende IAS adopter assoggettano il TFR allo IAS 19 con queste modalità (v. anche OIC, e Appendice di Aggiornamento del 26 settembre 2007):
• le quote accantonate fino alla data del 31 dicembre 2006 che il dipendente ha deciso di lasciare presso il datore di lavoro continuano ad essere assoggettate a valutazione attuariale e ad essere considerate piani a benefici definiti
• le quote che hanno iniziato a maturare dal 1 gennaio 2007 per quei dipendenti che hanno deciso di lasciare presso il datore di lavoro il proprio TFR (scelta possibile solo se l’azienda ha meno di 50 dipendenti) continuano ad essere assoggettate a valutazioni attuariale ed ad essere considerate piani a benefici definiti
• le quote che hanno iniziato a maturare a partire dal 1 gennaio 2007 trasferite presso l’Inps o altri fondi di previdenza Le quote versate, di anno in anno, ai fondi di previdenza complementari ricadono – secondo l’Appendice di Aggiornamento citata – nella definizione di “piano a contribuzione definita” di cui ai par. 50 – 54 dello IAS 19”. Conseguentemente l’impresa iscrive per competenza le quote di contribuzione ai fondi di previdenza integrativa a fronte delle prestazioni di lavoro prestate dai dipendenti. Se alla data di riferimento del bilancio annuale o interinale tali quote contributive sono già state pagate dall’impresa, nessuna passività̀ risulta iscritta in bilancio.
La contabilizzazione del TFR secondo gli IAS differisce sensibilmente rispetto a quanto previsto dai principi contabili nazionali. Sul punto infatti l’OIC 19 prevede la rilevazione di un debito nel passivo dello stato patrimoniale con il pagamento differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ma di ammontare corrispondente alla sommatoria delle indennità maturate da ciascun dipendente alla data di chiusura del bilancio. Questa impostazione riflette la legislazione italiana in materia, che è ben diversa da quella degli altri Paesi. In particolare in base all’art. 2424 bis del c.c. la voce TFR deve indicare l’importo calcolato ai sensi dell’art. 2120 c.c. secondo cui il debito iscritto in bilancio deve corrispondere al totale delle singole indennità maturate a favore dei dipendenti alla data di chiusura del bilancio. Pertanto la voce TFR appare esposta come se l’azienda dovesse corrisponderla ai dipendenti a quella data.
Secondo lo IAS 19, invece, il TFR non può più essere esposto come posta certa nel quantum, ma come valore frutto dell’utilizzo del metodo cosiddetto metodo della proiezione unitaria del credito di cui al par. 67 dello IAS 19 attraverso il quale al termine di ogni anno si determina il “valore attuale” del TFR che l’impresa dovrà erogare basandosi (si veda il par. 76):
• sulle disposizioni di cui all’articolo 2120 del codice civile (di norma il TFR si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5 e rivalutando il montante dell’anno su base composta con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice Istat)

e
• sulla formulazione di ipotesi di tipo attuariale (indici di mortalità, turnover) e di carattere finanziario ( stima delle future variazioni delle retribuzioni a base del calcolo e sull’applicazione di un adeguato tasso di sconto).
Con lo IAS 19 quindi il TFR viene snaturato da debito a “fondo per rischi e oneri”, anche se – come afferma l’Assonime nella circolare 7 del 2015, pag. 21, resta un debito sul piano giuridico.
Per le imprese con almeno 50 dipendenti, l’Appendice diAggiornamento Oic citata afferma che il TFR “maturato” ante 1° gennaio 2007 (o alla data di effettuazione della scelta nei casi di destinazione a forme di previdenza complementare) subisce una rilevante variazione di calcolo per effetto del venir meno delle ipotesi attuariali precedentemente previste legate agli incrementi salariali. In particolare, la passività̀ connessa al “TFR maturato” è attuarialmente valutata al 1° gennaio 2007 (o alla data di effettuazione della scelta nei casi di destinazione a forme di previdenza complementare) senza applicazione del pro-rata (anni di servizio già prestati/anni complessivi di servizio), in quanto i benefici dei dipendenti relativi a tutto il 31 dicembre 2006 (o alla data di effettuazione della scelta nei casi di destinazione a forme di previdenza complementare) possono essere considerati quasi interamente maturati (con la sola eccezione della rivalutazione) in applicazione del paragrafo 67 (b) dello IAS 19. Per completezza si ricorda che il par. 67 (b) dello IAS 19 è ora stato trasferito nel par. 70 (b) che recita:
«Per determinare il valore attuale delle proprie obbligazioni per benefici definiti e il relativo costo delle prestazioni di lavoro correnti e, se ricorrono le condizioni, il costo delle prestazioni di lavoro passate, l’entità deve attribuire il beneficio ai periodi di lavoro secondo la formula dei benefici del piano. Tuttavia, se l’attività lavorativa prestata da un dipendente negli ultimi anni porterà a un beneficio sostanzialmente più elevato di quello dei periodi precedenti, l’entità deve attribuire i benefici con un criterio a quote costanti nell’intervallo compreso tra:
(a) il momento in cui l’attività lavorativa prestata dal dipendente ha, per la prima volta, fatto maturare il diritto al beneficio secondo le condizioni del piano (indipendentemente dal fatto che i benefici dipendano dall’attività lavorativa prestata in futuro) fino
(b) alla data in cui l’attività lavorativa prestata successivamente dal dipendente farà maturare un ammontare non significativo di altri benefici secondo le condizioni del piano, diversi da nuovi incrementi retributivi

In base al par. 120 dello IAS 19 l’entità deve rilevare le componenti del costo dei benefici definiti, nel modo seguente:
(a) i cosiddetti “costo previdenziale” nell’utile (perdita) d’esercizio. Si tratta dei “costi relativi alle prestazioni di lavoro correnti” (service costs). Nel caso del TFR, coincidono, di norma, con l’ammontare del valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti attribuiti alle prestazioni di lavoro correnti (dell’anno in corso), calcolato con i criteri di cui ai par. 66 – 112 dello IAS 19.
(b) gli interessi netti sulla passività netta per benefici definiti nell’utile (perdita) d’esercizio. Gli interessi devono essere determinati moltiplicando la passività per il tasso di sconto entrambi determinati all’inizio dell’esercizio, tenendo conto delle variazioni nella passività per benefici definiti appostata nell’esercizio a seguito del pagamento del TFR ai dipendenti che hanno cessato il rapporto di lavoro; e
(c) gli utili e le perdite attuariali nelle altre componenti di conto economico complessivo (OCI). Il base al par. 128, gli utili e le perdite attuariali derivano da aumenti o diminuzioni del valore attuale di un’obbligazione per benefici definiti risultanti da variazioni delle ipotesi attuariali e dalle rettifiche basate sull’esperienza passata. Tra le cause di utili e perdite attuariali figurano, per esempio:
• le variazione dei tassi di rotazione dei dipendenti, di pensionamenti anticipati o mortalità o di incrementi retributivi, effettivi o stimati

e
• l’effetto di variazioni del tasso di sconto.


La normativa fiscale - Ires
La normativa fiscale (art. 105 TUIR) ricalca invece quella civilistica (OIC 19). Gli oneri deducibili a titolo di TFR sono esattamente quelli derivanti dall’incremento del fondo calcolato applicando l’articolo 2120 del codice civile. Quindi, per le imprese con almeno 50 dipendenti solo le rivalutazioni del TFR maturato alla data del 31 dicembre 2006 non ancora liquidato.
Ai fini IAS, la materia è disciplinata dall’articolo 2, comma 4 del regolamento attuativo (Dm. 48 del 2009), secondo il quale “gli accantonamenti ai fondi di cui all’articolo 105, commi 1 e 2, del Testo unico, deducibili in ciascun esercizio sono determinati in misura non superiore alla differenza fra l’importo complessivo dei fondi calcolati al termine dell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti, e l’importo di tali fondi fiscalmente riconosciuto al termine dell’esercizio precedente, assunto al netto degli utilizzi dell’esercizio”. Il secondo periodo dell’articolo 2, comma 4 citato dispone che “concorrono a determinare gli accantonamenti tutte le componenti positive e negative iscritte a conto economico o a patrimonio netto in contropartita di detti fondi”. Quindi – come viene confermato dalla relazione governativa e dalla circolare 7/E del 2011, par. 4.2 – la quota di accantonamento rilevante è costituita dall’insieme delle poste contabili che, in base all’impostazione IAS, hanno come contropartita il fondo TFR (“service cost”, “interest cost” e utili e perdite attuariali) a prescindere dalla loro collocazione nel conto economico o nel patrimonio.
In sostanza la fiscalità del TFR contabilizzato dai soggetti IAS è governata dalle stesse regole applicate dai soggetti non IAS ed è impostata nel senso che l’accantonamento fiscalmente deducibile non può eccedere l’ammontare determinato in base all’articolo 2120 del codice civile.
Il regolamento attuativo fa infatti ancora riferimento agli “accantonamenti ai fondi di cui all’art. 105, commi 1 e 2 del Testo unico, fra cui ci sono i fondi TFR di cui all’articolo 2120 citato: la sommatoria delle posizioni dei singoli dipendenti rimane ancora un limite invalicabile alla deduzione fiscale. Viene però introdotto, nel decreto attuativo, un criterio di gestione per massa della quota deducibile per permettere la gestione dei disallineamenti dovuti alla disomogeneità dei metodi di calcolo (l’uno dipendente dai dipendenti e l’altro dipendente dagli importi complessivi per massa). Precisamente, la quota di TFR deducibile nell’anno non è determinata come sommatoria delle quote di TFR pro capite maturate in ciascun esercizio, ma come differenza fra l’importo dei fondi (ex art. 2120 c.c.) al termine dell’esercizio e l’importo dei fondi “fiscalmente riconosciuto” (dedotto) al termine dell’esercizio precedente. Tale soluzione – precisa la relazione – ha il vantaggio di evitare una onerosa, complessa e analitica gestione delle differenze per singoli dipendenti tra il TFR ex art. 2120 c.c. e quello IAS, garantendo il rispetto dei limiti imposti dall’art. 105 TUIR per la deduzione del TFR perché, in ogni caso, l’importo complessivo del fondo TFR dedotto non potrebbe superare quello determinato in base alle regole dell’art. 2120 del c.c.”
Come si è detto, la particolarità di quest’anno è che nella maggior parte dei casi, la componente attuariale del TFR che ha trovato, negli esercizi precedenti, contropartita nel patrimonio, fra le altre componenti di conto economico complessivo (OCI), subisce un rilevante decremento con l’effetto che l’insieme delle variazioni del TFR iscritto nel bilancio (con e senza contropartita nel conto economico) ha segno positivo, anziché, come di consueto, negativo.
Letteralmente, l’articolo 2, comma 4 del Dm. 48 del 2009 si limita a porre un “tetto” alla deducibilità degli accantonamenti al fondo TFR (in pratica, l’accantonamento che sarebbe stato fatto in base ai principi contabili nazionali) senza, però, precisare quando gli accantonamenti non dedotti in un esercizio saranno recuperabili.
La risposta, in realtà è contenuta nella relazione governativa al Dm 48 del 2009 in cui – dopo aver ricordato che la quota di accantonamento fiscalmente rilevante è costituita dall’insieme delle poste contabili che, in base all’impostazione IAS, hanno come contropartita il fondo TFR (“service cost”, “interest cost” e utili e perdite attuariali che, a seconda delle scelte contabili operate, possono confluire o al patrimonio netto o al conto economico) – si precisa che «qualora in un esercizio l’importo complessivo di tali poste contabili sia inferiore a quello delle quote di TFR maturate ex articolo 2120 del cod. civ., la differenza sarebbe recuperata in un esercizio successivo, ove in tale esercizio si verifichi la situazione inversa».
La situazione inversa si verifica appunto quando precedenti “perdite attuariali” iscritte nella componente OCI del patrimonio netto (e fiscalmente non dedotte per effetto dell’articolo 2, comma 4 del Dm 48 del 2009) vengono annullate.
A tale posta sarà associata la ripresa in diminuzione Ires di importo pari alla sommatoria delle passate riprese in aumento (dovute ad una maggior quota accantonata secondo i criteri IAS rispetto al limite determinato ai sensi del regolamento) oltre che al rilascio delle imposte differite precedentemente accantonate a patrimonio netto (si veda oltre).

In allegato un esempio di calcolo.


Irap
Con riferimento all’Irap, l’accantonamento IAS con segno di provento (se riferito a lavoratori a tempo indeterminato) concorrerà con segno di ricavo alla determinazione del valore della produzione facendola aumentare.
La parte di accantonamento iscritta a Patrimonio Netto ha infatti rilevanza ai fini del Irap.
Per i soggetti IAS adopter l’art. 5 comma 2 del D. Lgs 446/1997 stabilisce che la base imponibile è determinata assumendo le voci del valore e dei costi della produzione corrispondenti a quelle indicate per i soggetti che adottano il codice civile.
Tali voci devono essere considerate secondo la rappresentazione IAS/IFRS, in quanto “indipendentemente dalla effettiva collocazione nel conto economico, i componenti positivi e negativi del valore della produzione sono accertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa” (cfr. articolo 5, comma 5 del decreto legislativo n. 446 del 1997). In linea generale, quindi, la Società determina la base imponibile IRAP assumendo le voci codicistiche del valore e dei costi della produzione secondo la corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione rinvenibile nei principi IAS/IFRS compliant, a nulla rilevando gli importi indicati a patrimonio netto. L’irrilevanza degli importi contabilizzati a patrimonio netto trova una specifica eccezione nella sola ipotesi in cui tali importi, pur non transitando mai a conto economico, sono fiscalmente rilevanti nella disciplina dell’IRAP.
Come evidenzia l’Assonime nella circolare 23 del 2016, citata – attribuisce rilevanza Irap anche alle variazioni in aumento o diminuzione della parte di TFR iscritta in OCI.
L’articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale 8 giugno 2011 stabilisce, infatti, che i componenti fiscalmente rilevanti ai sensi del decreto IRAP per i quali non è mai prevista l’imputazione a conto economico (e questo è il caso della parte di TFR iscritta in OCI) secondo le disposizioni decreto IRAP indipendentemente dall’imputazione a patrimonio netto o al prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo (OCI).
Le novità della legge di Stabilità 2015 (articolo 1, commi da 20 a 25, legge 190/2014) hanno però introdotto l’integrale deducibilità dal 2015, dei costi sostenuti per il personale impiegato a tempo indeterminato. Dunque, a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 (vale a dire, dal 2015, per i contribuenti “solari”, cioè con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare), è integralmente deducibile dall’Irap il costo sostenuto per lavoro dipendente a tempo indeterminato, eccedente le deduzioni applicate ai sensi dell’articolo 11 del D.Lgs. 446/1997, commi 1, lettera a (contributi per assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro; deduzione forfetaria e contributi assistenziali e previdenziali per i lavoratori a tempo indeterminato; spese per apprendisti, disabili, personale assunto con contratti di formazione e lavoro, personale addetto alla ricerca e sviluppo), 1-bis (indennità di trasferta, per la parte che non concorre al reddito del dipendente, sostenute dalle imprese di autotrasporto merci), 4-bis.1 (deduzione per le imprese con componenti positivi non superiori a 400mila euro) e 4-quater (deduzione per l’incremento della base occupazionale).
Fra i costi del personale, è sicuramente ricompreso l’accantonamento al TFR.
L’accantonamento a TFR “positivo” dovrebbe di conseguenza, per logica di sistema, diminuire il totale costo del lavoro relativo a dipendenti a tempo indeterminato anche se, il costo del lavoro, trova un particolare meccanismo di deduzione della base imponibile Irap non riconducibile al prospetto OCI e anche se una parte della variazione del TFR dipende da parametri di carattere finanziario e attuariale.
Queste conclusioni appaiono coerenti con quelle raggiunte dall’Assonime (circolare 7 del 2015, pag. 22) con riferimento al caso inverso in cui, nel 2015, gli accantonamenti IAS fossero maggiori di quelli ammessi secondo i principi contabili nazionali: l’Associazione afferma, correttamente, che “in base a tale considerazioni, si dovrebbe ritenere, quindi, che l’importo ammesso in deduzione dalla base imponibile IRAP sia costituito dalla somma algebrica di tutti i vari elementi considerati dai principi contabili internazionali che vengono a incrementare il valore attualizzato del fondo. Rispetto alle imprese ITA GAAP la deduzione effettuata su queste basi può determinare delle differenze di competenza, ma nella sostanza entrambe le categorie di imprese vengono a dedurre i medesimi costi”. Per completezza si segnala che l’Assonime (pag. 21) non ritiene che debbano essere stanziate imposte differite Irap in relazione alle differenze fra gli accantonamenti dedotti ai fini Irap e quelli non dedotti. Ciò in base alla considerazione che il TFR, nonostante la sua contabilizzazione sia inficiata dalle stime imposte dai principi contabili internazionali, mantiene natura di “debito” e non di accantonamento. Il principio, anche se riferito ad importi calcolati secondo le regole civilistiche vale anche per le imprese non IAS.
Da ultimo va ricordato che la circostanza che, nel caso in esame, il costo del lavoro deducibile ai fini Irap sia influenzato in diminuzione dalla riduzione della componente attuariale del TFR, fa sì che aumenti l’ammontare dell’Irap deducibile dall’Ires (V. art. 2, comma 1 del Dl. 201 del 2011. V. anche Assonime, circolare 7 del 2015, cit. nota 36).

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