Adempimenti

Sì della Camera al Jobs Act, dal Pd in 30 non votano

di Davide Colombo e Claudio Tucci


Niente più reintegro nei casi di licenziamento per motivi economici od organizzativi e limiti certi per i casi disciplinari, con conferma della tutela reale solo per casi nulli e discriminatori. E ancora: riapre il cantiere della riforma degli ammortizzatori sociali per estendere le protezioni in caso di perdita del posto ai contratti a progetto, fino al loro esaurimento, e si rilancia sulle politiche attive, il vero tallone d'Achille nel nostro sistema di Welfare, con la costituzione di un'Agenzia nazionale per l'occupazione.

L'Aula della Camera ha acceso semaforo verde al Jobs act con 316 voti favorevoli e sei contrari (nel Pd 30 non hanno votato). Il provvedimento inizierà oggi l'esame in commissione Lavoro del Senato (relatore Pietro Ichino), e secondo il premier Matteo Renzi, d'ora in avanti, ci saranno: «Più tutele, solidarietà e lavoro». Soddisfatto anche il ministro Giuliano Poletti («il testo è migliorato»), «per effetto delle 37 modifiche apportate alla Camera», ha tenuto a precisare Cesare Damiano (Pd). «Ora possiamo procedere a una rapida conferma del Senato in modo da consentire al Governo la immediata emanazione dei primi decreti delegati», ha aggiunto Maurizio Sacconi (Ncd).

L'ok finale al ddl dovrebbe arrivare per i primi di dicembre (per far entrare in vigore le nuove regole già a gennaio, dopo il varo dei primi decreti delegati). L'obiettivo del Governo è a portata di mano: l'approvazione del collegato alla legge di Stabilità in tempo utile per consentire alle imprese di cogliere, già con le prime assunzioni a tempo indeterminato del nuovo anno, la netta riduzione del cuneo fiscale garantito dalla decontribuzione totale (per 36 mesi) sui contratti a tutele crescenti e la deducibilità integrale del costo del lavoro (sempre sui contratti a tempo indeterminato) dalla base imponibile Irap. La sfida che si apre ora è duplice: sulla flessibilità in uscita, da risolvere con una soluzione capace di “tenere” davanti ai tribunali, e sugli ammortizzatori sociali, il cui restyling dovrà essere realizzato contando su risorse molto scarse.

La tutela reale scomparirà per tutti i licenziamenti economici (attualmente il reintegro è previsto quando il fatto è manifestamente insussistente). Nei disciplinari sarà invece limitata a pochi casi, fattispecie particolarmente gravi (si sta discutendo se ancorarle a casistiche penali o interpretando l'attuale versione dell'articolo 18 riferita al “fatto materiale” per correggere le storture applicative, limitando la discrezionalità dei giudici). Non cambierà niente per i licenziamenti nulli e discriminatori per i quali è confermato il reintegro. Con 1,7 miliardi l'anno prossimo il Governo dovrà poi rifinanziare gli ammortizzatori in deroga ed estendere la copertura della Nuova Aspi ai collaboratori che oggi non ce l'hanno (sono circa 300mila). Di più. Nella delega si prevede anche un ammortizzatore “di ultima istanza” per i lavoratori che, una volta esaurita l'Aspi, restano senza impiego e scivolano a livelli minimi dell'Isee.

Verrà posto un massimale sulla contribuzione figurativa e le imprese dei settori non coperti verranno indotte a rafforzare la loro contribuzione ai Fondi bilaterali per finanziare la base assicurativa della nuova cassa integrazione. Per la riforma della Cig bisognerà aspettare qualche settimana in più, visto che il Governo dovrà semplificare un assieme di norme complesse che si sono cumulate disordinatamente negli anni. La semplificazione, quando arriverà, renderà la Cig meno automatica, di durata minore e accessibile solo dopo aver esaurito l'utilizzo dei contratti di solidarietà. Tra le cinque deleghe contenute nel ddl c'è anche quella per la semplificazione delle procedure amministrative, la razionalizzazione dei contratti e la valorizzazione della conciliazione vita-lavoro.

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