Adempimenti

Il ritardo dei pagamenti «congela» le assunzioni dei professionisti

di Chiara Bussi



Più di un'impresa su tre nel settore dell'edilizia è stata costretta a licenziare personale in seguito al ritardo nei pagamenti di clienti e fornitori. Per il 52% dei professionisti, invece, la montagna di crediti da riscuotere ha suggerito di congelare le assunzioni.
È l'effetto collaterale più doloroso del ritardo dei pagamenti e colpisce, oltre ai due settori già citati, anche la sanità, le utilities, l'industria manifatturiera e i servizi alle imprese.

Lo evidenzia lo studio European payment index white paper 2014 di Intrum Justitia, gruppo svedese specializzato nei servizi di credit management.

«I dati – spiega Davide Magri, amministratore delegato per l'Italia – sono il risultato di una spirale negativa: le aziende, sempre più a corto di liquidità e con aspettative di tempi di pagamento ancora lunghi nei prossimi mesi, preferiscono giocare in difesa, anche nella gestione della forza-lavoro».

Così nel settore dell'edilizia, dove la pubblica amministrazione paga ancora a 180 giorni rispetto a una media Ue di 65 e le perdite su crediti hanno raggiunto il livello record del 5,9%, il 42% delle imprese ha deciso di non assumere.

I professionisti, che attendono in media 93 giorni per vedersi saldare le fatture da parte dei clienti privati e fino a 136 giorni dalla Pa, il 27% è stato costretto a ridurre il personale.

La tendenza non risparmia nemmeno le utilities. Qui la percentuale di chi non assume raggiunge il 55 per cento. Tra i settori sotto la lente non manca la sanità, dove la Pa continua a pagare con tempi-lumaca: ben 219 giorni contro una media europea di 71. Per il 34% delle aziende del settore le nuove assunzioni non sono all'ordine del giorno. Continua poi a soffrire il manifatturiero e in particolare le Pmi, dove un'impresa su tre non ha intenzione di ampliare l'organico.

Come fare per spezzare questo circolo vizioso? Secondo Magri occorre agire su due fronti. «Per smaltire lo stock di crediti da pagare – dice – è essenziale imboccare la via della certificazione, anche se lo strumento resta oggi ancor molto farraginoso». Per intervenire sui nuovi flussi, invece, «occorre attuare la direttiva Ue mettendo fine alla procedura di infrazione aperta a giugno».

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