Previdenza

Sanzioni capestro per chi tralascia i solleciti dell’Inps sulle ritenute

di Giuseppe Maccarone e Tonino Morina

Sanzioni salatissime per i datori di lavoro che non versano le ritenute trattenute ai lavoratori per importi sotto i 10mila euro. Trascorsi i 90 giorni concessi dall’Inps per regolarizzare la situazione, il datore di lavoro – magari per un importo omesso di poche centinaia di euro – fino a pochi giorni fa era destinatario di una sanzione edittale minima di 17mila euro.

Una situazione che è stata oggetto anche di un appello a cambiare la legge da parte della presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, Marina Calderone (si veda «Il Sole 24 Ore» del 27 maggio 2022). Va infatti ricordato che le sanzioni, nel contrastare i comportamenti illeciti, devono comunque rispettare il principio di proporzionalità, come più volte ribadito anche dalla Corte di giustizia Ue.

Il riferimento normativo che regola la sanzionabilità della violazione consistente nel trattenere le ritenute a carico dei lavoratori e non versarle all’Inps è contenuta nel comma 6, dell’articolo 3, del Dlgs 8/2016. Tale norma, nel depenalizzare, in parte, il comportamento del datore di lavoro, ha previsto che l’omesso versamento delle ritenute per un importo superiore a 10mila annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032 euro.

Invece, per gli importi non versati, non superiori a 10mila euro è stabilita una depenalizzazione, stabilendo l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 10mila a 50mila euro.

La stessa norma prevede una via d’uscita per gli inadempienti, vale a dire la possibilità di non punibilità e di non applicazione della sanzione pecuniaria, se l’azienda provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Sulla base di questa regolamentazione l’Inps ha sanzionato i datori di lavoro che si trovano nella situazione descritta. L’applicazione della legge ha originato sanzioni molto elevate e contenziosi che, da ultimo, hanno indotto il ministero del Lavoro a intervenire, portando l’Inps a emanare il messaggio 3516/22 in cui vi è una rimodulazione delle sanzioni, nell’ambito dei paletti posti dalla legge (si veda anche il Quotidiano del lavoro del 29 settembre).

Nel messaggio, peraltro, l’Istituto adotta un sistema di calcolo della sanzione minima che porta comunque a determinare sanzioni molto alte, anche quando l’importo omesso è di ammontare non rilevante.

In pratica, per i contribuenti che hanno omesso o eseguito in ritardo il versamento delle ritenute previdenziali operate ai dipendenti per importi fino a 10mila euro, la sanzione di 17mila euro (finora applicata) è stata ridotta al minimo edittale di 10mila euro.

Va detto, tuttavia, che il datore di lavoro ha tre mesi di tempo, dalla contestazione dell’Inps, per regolarizzare i versamenti. È proprio in caso di mancata regolarizzazione, nel tempo messo a disposizione dalla norma, che scatta la sanzione capestro, a nulla rilevando un’attivazione tardiva del datore di lavoro.

Come specificato nel messaggio 3516/22 per le violazioni commesse prima del 6 febbraio 2016, se l’atto di accertamento non è stato notificato, l’Inps deve informare il trasgressore - prima di emettere l’ordinanza ingiunzione - della possibilità di pagare entro 60 giorni un importo più basso. Se al contrario l’atto è già stato notificato, l’ammissione a una sanzione ridotta e il termine dei 60 giorni devono formare oggetto di un’apposita comunicazione.

Riguardo all’ordinanza ingiunzione, l’Inps spiega che la violazione va suddivisa tra ante e post 2016. Anche in questo caso con regime di ammissione a somme più basse e con possibilità di pagamento, rispettivamente, entro 60 giorni o 30 giorni dalla rettifica.

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