Previdenza

Pensioni, spunta l’ipotesi di uscite mirate a 63 anni e quota 103 biennale

di Marco Rogari

Il puzzle pensioni si va faticosamente componendo. Dopo il lungo incontro di ieri a Palazzo Chigi tra il premier Mario Draghi e il leader della Lega, Matteo Salvini, accompagnato dal responsabile lavoro del Carroccio, Claudio Durigon, e dal sottosegretario all’Economia, Federico Freni, la mediazione sul dopo Quota 100 sembra quasi raggiunta. E passerebbe attraverso opzioni “riviste” rispetto a quelle di partenza, ma sempre legate a un sistema di Quote. Che per il 2022 potrebbe prevedere una combinazione di requisiti con una soglia anagrafica non troppo lontana dai 62 anni fissati dall’esecutivo Conte 1: anche a 63 anni, almeno per i lavoratori delle Pmi (con 38 o 39 anni di contributi). Ma tra le ultime ipotesi valutate ci sarebbe anche un’uscita il prossimo anno “allargata” sempre a 63 anni con l’asticella dei versamenti a 39 o 40 anni. L’eventuale Quota 102 (63 anni più 39 di contributi) si esaurirebbe dopo 12 mesi, e sarebbe poi seguita da Quota 103. Nel caso in cui si optasse per Quota 103 immediata (63 anni più 40 di versamenti o “64+39”), la durata dovrebbe essere invece di 24 mesi (e non di un solo anno) prima di tornare alla legge Fornero in versione integrale. Il tutto verrebbe accompagnato dall’ampliamento della platea dei lavori gravosi per i quali è prevista un’uscita ”agevolata”, che dovrebbe restare quella dell’Ape sociale.

Tra le deroghe al nuovo sistema di Quote (o di Quota unica) anche quelle per i lavoratori cosiddetti “fragili” e per quelli delle Pmi in difficoltà. Per le imprese con meno di 15 dipendenti il Carroccio insisterebbe sulla necessità di attivare un fondo ad hoc per consentire i pensionamenti anticipati con requisiti vicini a quelli di Quota 102, ovvero uscendo, almeno nel 2022, appunto con non più di 63 anni d’età. Un pacchetto, quello su cui si sono confrontati ieri Durigon e Freni con una delegazione di tecnici del Mef, che dovrebbe essere affinato oggi. Ma il colloquio tra Daghi e Salvini, definito da fonti della Lega «lungo e positivo» dovrebbe aver spianato la strada alla mediazione. Che dovrà comunque rimanere più o meno all’interno dello spazio finanziario indicato dal Documento programmatico di bilancio (1,5 miliardi in tre anni, di cui 600 milioni nel 2022), considerato non dilatabile se non in maniera limitata.

Resta da vedere se questa possibile soluzione, sempre che venga confermata, sarà gradita ai sindacati, che oggi incontreranno il premier sulla manovra. E anche il resto della maggioranza dovrà dire la sua. A cominciare dal Pd che ieri, con il ministro del Lavoro, Adrea Orlando e la presidente dei deputati, Debora Serracchiani, ha insistito sulla necessità di «correggere» alcune delle storture di Quota 100, favorendo questa volta «i lavoratori delle Pmi, le donne» e chi ha carriere discontinue. I Dem tornano a cheiedere attenzione per i lavori gravosi e la proroga dell’Ape sociale e di Opzione donna.

Il quadro dovrebbe diventare più chiaro oggi, anche alla luce delle ultime simulazioni tecniche, che si andranno ad aggiungere a quelle degli ultimi giorni. Quella riguardante l’opzione originaria delle due Quote (102 e 104) mantenendo invariato il requisito contributivo a 38 anni indica una platea potenziale massima di non più di 50mila pensionamenti in due anni (25 l’anno, anche se solo circa la metà sono quelli considerati probabili). Ma per la Cgil le uscite possibili sarebbero non più di 10mila l’anno. La platea non cambierebbe molto (un leggero allargamento) con l’ipotesi della “Quote mobili”: l’uscita mantenendo fissa la soglia dei 64 anni d’età e alzando solo il requisito contributivo (38 anni nel 2022, 39 nel 2023, e 40 nel 2024). Secondo i tecnici, il prossimo anno gli utilizzatori di questo “canale” sarebbero quasi esclusivamente i lavoratori già in possesso del requisito anagrafico per Quota 100 ma non di quello legato ai versamenti: ad esempio, i nati del 1958 attualmente con 37 anni di contributi. Rimarrebbero invece esclusi i soggetti nati nel 1960, anche se in possesso di 40 anni di contribuzione. Per chi maturerà questi due requisiti l’uscita si aprirebbe nel 2024. E questa “coorte” sarebbe l’unica (se la “transizione” sarà limitata a tre anni) a beneficiare di vantaggi rispetto all’opzione originaria. Nel 2023, invece, uscirebbero di fatto solo i lavoratori del 1959 con 37 anni di contributi nel 2021.

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