Previdenza

Cassa limitata per gli assunti dal 5 gennaio

di Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone

In tema di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, il primo decreto del nuovo Governo (il cosiddetto decreto Sostegni), per quanto apprezzabile riguardo all’estensione dei periodi tutelati, presenta alcune zone d’ombra che è auspicabile possano essere superate durante l’iter di conversione in legge del provvedimento.

Un aspetto da analizzare è quello relativo alla data in cui i lavoratori devono risultare alle dipendenze delle aziende che richiedono i trattamenti. Secondo quanto disposto dal Dl 41/2021, questo momento corrisponde al giorno di entrata in vigore del decreto legge, ovvero il 23 marzo 2021. Sul punto va considerato che, in relazione a quanto disposto dal Dl 30/2021, a far tempo dal 15 marzo, nel Paese vige una disciplina che, in funzione dell’andamento pandemico, prevede un’alternanza tra zone arancioni e rosse; in queste ultime, il decreto stabilisce la chiusura obbligatoria di una serie di attività economiche.

Ciò determina, in pratica, un ricorso obbligato agli ammortizzatori sociali da parte dei datori di lavoro destinatari delle misure restrittive. Tuttavia, durante il periodo dal 15 al 31 marzo 2021, per i lavoratori assunti dopo il 4 gennaio 2021, i trattamenti di integrazione salariale rimangono preclusi in quanto le misure previste dalla legge di Bilancio limitano la loro operatività agli assunti entro il 4 gennaio 2021, mentre quelle introdotte dal decreto Sostegni, pur prevedendo un’estensione della data in cui i lavoratori devono essere in servizio per potere essere ammessi alla Cassa (dal 4 gennaio al 23 marzo), decorrono dal 1° aprile 2021.

Si tratta di un arco temporale di sensibile durata (15 giorni) in cui molti lavoratori, costretti all’inattività, rimangono, quindi, assolutamente scoperti

Va, altresì, osservato che soprattutto per l’assegno ordinario e la Cassa in deroga, rispetto ai quali il Dl 41/2021 prevede un periodo di possibile operatività alquanto cospicuo (fino al 31 dicembre 2021), se la data di assunzione dovesse rimanere il 23 marzo 2021, si rischierebbe di lasciare a piedi tutti i lavoratori i cui rapporti - iniziati successivamente – dovessero essere sospesi in corso d’anno per difficoltà sopravvenute delle aziende in cui prestano attività.

Si pensi, per esempio, a un’impresa cui - nei primi giorni di aprile - viene assegnata una commessa, con durata sino al 30 settembre e con elevata possibilità di continuare oltre la scadenza ipotizzata. Forte di questa situazione, il datore di lavoro, per fronteggiare le esigenze, assume lavoratori (tutti oltre il 23 marzo). Al 30 settembre, per situazioni contingenti, il lavoro viene interrotto e l’impresa – rimasta senza attività – è costretta a far ricorso agli ammortizzatori sociali: nessuno dei lavoratori nuovi assunti sarebbe tutelato.

Riguardo, invece, all’ormai nota questione dei periodi di buco che si possono presentare per le aziende che hanno iniziato a fruire dell’intervento di integrazione salariale dal 2 o dal 4 gennaio, (ipotetici giorni di scopertura che, verosimilmente, sono stati coperti attraverso il ricorso agli ordinari strumenti contrattuali quali ferie, permessi, eccetera), l’Inps, con un comunicato stampa di alcuni giorni fa, ha anticipato che presto verrà formalizzata un’interpretazione più ampia della norma grazie alla quale gli ammortizzatori sociali sarebbero estesi alla maggior parte dei giorni scoperti. Sul punto, trovata la possibilità di poter far intervenire l’istituto di previdenza a supportare un vuoto normativo, sembrerebbe ora emergere un possibile problema legato alla eventualità che i lavoratori, per tali giornate, possano rivendicare la retribuzione piena a carico dei datori di lavoro.

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