Previdenza

Tassazione pesante se il Tfr resta nel Fondo di tesoreria

di Antonello Orlando

Il messaggio Inps 413/2020 ha chiuso alla possibilità di trasferire il Tfr accantonato presso il Fondo di tesoreria ai fondi di previdenza complementare (si veda il Sole 24 Ore del 5 febbraio).

Secondo le regole ordinarie, al momento dell'assunzione i lavoratori dipendenti esprimono, attraverso il modello Tfr2, la volontà o meno di destinare il loro trattamento di fine rapporto alle forme di previdenza complementare. Per gli iscritti per la prima volta alla previdenza complementare dopo il 28 aprile del 1993, la destinazione del Tfr non poteva che essere integrale; la legge sulla concorrenza del 2017 ha invece introdotto la possibilità (non diversa da quella per chi era già iscritto al 1993) di modulare il versamento in valore percentuale, ma solo in presenza di apposite disposizioni degli accordi collettivi istitutivi delle rispettive forme pensionistiche complementari.

Tale facoltà è rimasta molto spesso sulla carta, lasciando i lavoratori ancora incerti se destinare da subito integralmente il proprio trattamento di fine rapporto e facendo spesso prevalere l'opzione di lasciarlo in azienda.

Proprio su questa scelta si concentra la pronuncia di Inps: dal 1° gennaio 2007 il trattamento di fine rapporto lasciato in un'azienda con almeno 50 addetti viene in realtà accantonato presso il Fondo di tesoreria, custodito da Inps, che non riveste la natura di fondo pensione complementare e che, al momento della richiesta di anticipazione o di liquidazione del Tfr, lo elargisce (direttamente o per il tramite del datore di lavoro) con le consuete modalità di tassazione di questo istituto.

Al momento della percezione del Tfr, infatti, i datori di lavoro applicano la tassazione separata con aliquote Irpef dal 23 al 43% (fatta salva l'applicazione per clausola di garanzia del previgente sistema di aliquote), che tuttavia viene poi ricalcolata dall'agenzia delle Entrate con una nuova aliquota media basata sui redditi degli ultimi 5 anni.

Le regole della previdenza complementare, invece, stabiliscono oltre alla deducibilità limitata dei contributi in fase di accumulo, una tassazione sostitutiva agevolata per le prestazioni accantonate dal 2007, alimentate anche con il Tfr: l'aliquota impositiva parte dal 15% e scende fino al 9% sulla base del numero di anni di iscrizione ai fondi pensione escludendo i contributi già tassati.

Si tratta di una trasformazione di regime fiscale del Tfr che può portare a un risparmio fino a 34 punti percentuali e senza alcuna alea di riliquidazione, in quanto la tassazione dei fondi pensione è definitiva.

Nelle aziende con meno di 50 addetti il Tfr pregresso può essere smobilizzato e versato in un fondo di previdenza complementare con il solo consenso del datore di lavoro (che lo ha in disponibilità), mentre per le quote di Tfr accantonate dal 2007 da dipendenti di aziende con almeno 50 addetti Inps ha di fatto negato la possibilità di versamento in quanto, nella sua lettura, tale liquidità assume la natura irrevocabile di contribuzione, indisponibile alla volontà delle parti. Inoltre Inps, con una lettura forse troppo orientata al solo articolo 14 del Dlgs 252/2005, ha esplicitato che la portabilità del Tfr accantonato nei fondi di previdenza complementare non si estende alle quote di trattamento di fine rapporto giacenti presso il Fondo di tesoreria.

Tale lettura, di per sé corretta, non mette però a fuoco la vera fattispecie di interesse dei cittadini. Si prenda il caso di un dirigente di un'azienda da 500 dipendenti che abbia accantonato dal 2007 al 2017 un Tfr di 150.000 euro; se questi avesse aderito a una forma di previdenza complementare da 20 anni, senza tuttavia destinare il proprio Tfr e, nell'avvicinarsi della pensione, valutasse il trasferimento del Tfr a un fondo complementare, qualora l'operazione fosse possibile, sul capitale e la rendita derivante da tale accantonamento si vedrebbe applicare una aliquota del 13,5% (tassazione di circa 20.250 euro). Se tale importo, invece, fosse liquidato in unica soluzione come Tfr, la pressione fiscale sarebbe di circa il 38%, con un prelievo di oltre 57.000 euro.

La lettura di Inps, oltretutto, rischia di risultare pesantemente discriminante per quei soggetti che, pur avendo stesse retribuzioni, Tfr e responsabilità sono dipendenti l'uno di una azienda sotto i 50 addetti (priva dell'obbligo di versamento alla tesoreria) e uno di un’azienda di almeno 50 addetti (vincolato al fondo Inps e impossibilitato a conferire il Tfr pregresso).

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