Previdenza

Con l’Ape aziendale il contributo del datore di lavoro compensa i costi

di Stefano Patriarca

Il pensionamento anticipato generalizzato, con il suo rilevante carico di oneri immediati sulla finanza pubblica, non è risposta praticabile per offrire una flessibilità di uscita dal lavoro. Una possibilità nuova è nell’Anticipo finanziario a garanzia pensionistica (detto Ape volontario) che ora finalmente decolla: si consente la flessibilità, non con un “pre-pensionamento”, ma ripartendo la pensione che si maturerà su un numero di anni maggiore (fino a tre anni e sette mesi prima del pensionamento). In tal modo il flusso di cassa (che in caso di pensionamento sarebbe stato un immediato aumento di spesa pubblica) è a carico del sistema bancario, mentre a carico della finanza pubblica vi è il credito di imposta per dimezzare gli oneri del prestito.

La convenienza per il lavoratore è in un costo contenuto e soprattutto ridotto da un credito di imposta che restituisce il 50% dell’onere (interessi e assicurazione). Inoltre la non incompatibilità con il reddito da lavoro rende possibile l’utilizzo dell’Ape con forme di “accompagnamento alla pensione” (ad esempio riducendo le ore di lavoro).

Ma l’innovazione contiene un altro elemento di grande rilievo costituito dall’Ape aziendale, cioè la possibilità per il datore di lavoro o per un fondo di solidarietà o per un ente bilaterale (ad esempio i fondi interprofessionali) di erogare una somma equivalente almeno ai contributi pensionistici che il lavoratore avrebbe percepito negli anni per i quali prende l’Ape.

Tale somma va ad aumentare il montante contributivo del lavoratore e in tal modo la pensione futura sarà più alta. L’aumento di pensione compenserà quella parte di costi che il lavoratore deve sostenere per restituire il prestito avuto con l’Ape. In tal modo il lavoratore potrà lasciare l’attività fino a tre anni prima, avere per quel periodo il reddito-ponte e la rata che pagherebbe sarebbe limitata al rimborso del capitale già percepito, senza oneri per il finanziamento. In definitiva avrebbe un prestito a costo zero.

Il datore di lavoro versando i contributi direttamente all’Inps li può detrarre integralmente dal reddito d’impresa e quindi il costo sarebbe inferiore a quanto corrisponde a Inps.

Si tratta di uno strumento per agevolare l’uscita dal lavoro e per gestire i problemi legati alle ristrutturazioni aziendali che necessitano di interventi di sostegno al reddito dei lavoratori anziani o per gestione il turn over senza penalizzare i redditi dei lavoratori più anziani, creando uno spazio per occupazione dei giovani. Peraltro l’Ape è compatibile con l’indennità di disoccupazione e con Rita, l’anticipo di erogazione delle prestazioni di previdenza integrativa fino a cinque anni prima dell’età di pensionamento a condizioni fiscali molto agevolate.

Ma questi strumenti richiamano la necessità di riflettere sull’esigena di un grande piano di politiche di invecchiamento attivo che non possono essere la “rottamazione dei 60 enni”, bensì una nuova politica per far diventare sostenibile il lavoro degli anziani, magari part time. Occorre anche un'innovazione del mondo delle imprese e del sindacato, modificando organizzazione del lavoro e strumenti contrattuali per gestire una transizione morbida, non distruggendo un grande patrimonio di competenze e professionalità.

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