Previdenza

I vincoli di sostenibilità nei conti della previdenza

di Dino Pesole

In termini tecnici si chiama vincolo di sostenibilità, ed è parte integrante dei “paletti” posti dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, fin dal primo vertice governativo della scorsa settimana con i sindacati sul tema dell’aumento dell’età pensionabile a 67 anni dal 2019, in correlazione all’incremento dell’aspettativa di vita.

La strada è in salita, come mostra l’esito del primo tavolo tecnico svoltosi ieri a Palazzo Chigi. Il mancato adeguamento costerebbe 5 miliardi nel biennio 2019-2020. Il tutto ruota attorno all’indicatore sintetico S2, che fa parte della complessa architettura contabile europea per valutare appunto la sostenibilità di lungo periodo delle finanze pubbliche. In particolare, vengono calcolati gli effetti dell’invecchiamento della popolazione sul totale della spesa previdenziale. Nonostante le riforme varate in Italia, che vengono puntualmente richiamate dalla Commissione europea appunto tra gli elementi di “garanzia” per la tenuta di medio periodo del debito pubblico, il livello della spesa previdenziale in rapporto al Pil è previsto attestarsi nei prossimi anni oltre l’asticella del 15 per cento.

A legislazione vigente (dunque scontando i risparmi attesi anche dall’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita) si registra un aumento dell’8,3% tra il 2017 e il 2020 (da 264,6 a 286,7 miliardi), pari al 15,3% del Pil. Previsioni meno ottimistiche rispetto a quelle messe disponibili a inizio anno, anche a causa del «significativo ridimensionamento del flusso migratorio», rileva la Ragioneria generale dello Stato. La «soppressione permanente del meccanismo di adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso al pensionamento», comporterebbe un profilo crescente di spesa fin dal 2021 «che arriverebbe a circa 0,8 punti di Pil nel 2033». L’effetto cumulato risulterebbe di 21 punti di Pil al 2060 e di 23,4 punti al 2070. Il tutto va posto in correlazione con il peggioramento del rapporto tra pensioni e occupati.

Per il presidente dell’Inps, Tito Boeri, proiettato al 2040 il maggior onere raggiungerebbe l’astronomica cifra di 140 miliardi. Il confronto in atto è evidentemente condizionato dalla variabile politica e dalla campagna elettorale. Anche l’ipotesi del rinvio di sei mesi reca con se non poche incognite. Il prossimo governo, oltre a dover recuperare nel 2019 ben 12,4 miliardi se vorrà evitare che aumenti l’Iva (dal 10 all’11,5% e dal 22 al 24,2%), per effetto della coda delle vecchie clausole di salvaguardia, dovrebbe assumere tra le sue prime decisioni proprio l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni, fatte salve le eccezioni per i lavori gravosi e usuranti.

La cautela di Padoan, condivisa in questa fase della trattativa dal premier Paolo Gentiloni, trae origine proprio da questa constatazione: il Parlamento è sovrano, ma occorre avere ben chiaro lo scenario che si aprirebbe nel caso in cui si decidesse un rinvio o una sospensione ad libitum. Non è solo un problema di vincoli europei, quanto di affidabilità agli occhi dei mercati e delle agenzie di rating, che guardano nelle proprie opzioni di investimento proprio alle prospettive di crescita di medio periodo, e alla sostenibilità del debito pubblico. Materia da maneggiare con cura, dunque.

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