Previdenza

Pensioni, regole uguali solo per chi fa attività usuranti

di Fabio Venanzi

Vedi la scheda: Le “scorciatoie” disponibili per l'anticipo della pensione

C’è una categoria di lavoratori a cui l’adeguamento dei requisiti previdenziali alla speranza di vita non cambia nulla, almeno per il momento. Sono quelli che svolgono lavori particolarmente usuranti, previsti dal decreto legislativo 67/2011.

Infatti, a seguito delle modifiche apportate dalla legge di bilancio 2016, fino al 2026 gli aumenti non interesseranno tale tipologia di lavoratori, i quali potranno continuare ad accedere alla pensione con la quota pari a 97,6 con almeno 61 anni 7 mesi di età, 35 anni di contributi oltre ai resti utili a perfezionare la quota. A seconda del numero di notti svolte, o comunque della tipologia di mansione ricoperta, la quota è incrementata fino a raggiungere 100,6.

Per il resto l’allungamento della vita fa sentire i suoi effetti anche sulle soluzioni che, se non riducono i requisiti, avvicinano la pensione in quanto permettono di valorizzare tutti gli anni di contributi versati in più gestioni previdenziali, quando in una sola, presa singolarmente, non si raggiungono i minimi necessari.

Totalizzazione

È il caso della totalizzazione che, senza ricorrere alla ricongiunzione onerosa, consente di conseguire una rendita calcolata con le regole del sistema contributivo, salvo che in una delle gestioni interessate non si sia maturato un diritto autonomo a pensione.

Nel biennio 2019/2020, la vecchiaia in totalizzazione si conseguirà con 66 anni ma poi per la decorrenza si dovrà attendere una finestra mobile di 18 mesi; pertanto il primo assegno sarà riscosso a 67 anni e sei mesi. La pensione di anzianità si conseguirà invece con 41 anni di contributi e una finestra mobile di 21 mesi, il che equivale a dire 42 anni e nove mesi. Pertanto i lavoratori riuscirebbero a uscire prima rispetto ai requisiti ordinariamente previsti che, per lo stesso biennio, salirebbero a 43 anni e tre mesi. Per le lavoratrici invece il requisito ordinario sarebbe di 42 anni e tre mesi e quindi più vantaggioso rispetto a quello conseguito in regime di totalizzazione.

Precoci

Un’ulteriore possibilità di uscita anticipata è riservata ai lavoratori precoci, cioè coloro che vantano almeno dodici mesi di contributi prima del compimento del 19esimo anno di età e che rientrano in determinate categorie (disoccupati, coloro che assistono familiare con handicap grave, invalidi superiori al 73 per cento, lavoratori che svolgono lavori gravosi e/o usuranti). In questo caso l’accesso è consentito, a prescindere dall’età anagrafica, con 41 anni e cinque mesi di contributi nel periodo 2019/2020.

Ape azienda

Salgono i parametri anche per gli strumenti di accompagnamento alla pensione da parte delle aziende. Oltre all’Ape aziendale per cui vale lo stesso ragionamento dell’Ape volontario (si veda articolo a pagina 3), l’isopensione introdotta dalla legge Fornero del 2012 consente di uscire dall’azienda fino a quattro anni prima della pensione di vecchiaia o anticipata. Tuttavia anche in questo caso l’asticella si sposta in avanti di cinque mesi.

Opzione donna

Infine c’è un’altra via d’uscita. Le lavoratrici hanno la possibilità di ricorrere al regime “opzione donna” che consente di ottenere una pensione calcolata con le regole del sistema contributivo. Le dipendenti possono conseguire, a domanda che è ancora possibile fare, la pensione con 35 anni di contributi accreditati entro il 31 dicembre 2015 a condizione di essere nate entro il 1958 mentre per le autonome la data di nascita deve collocarsi entro il 1957. Nel triennio 2013/2015 il requisito anagrafico è stato innalzato di tre mesi legato al primo adeguamento. Per le nate nell'ultimo trimestre del 1957/1958, il requisito è stato perfezionato, al più tardi, a luglio scorso a causa dell’incremento di sette mesi. Da tale data inizia a decorrere la finestra mobile pari a 12 mesi (18 per le autonome) prima di poter riscuotere la prima pensione.

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